I militari no, le Ong sì: l'ultima balla sul blocco navale

Ora che la destra propone il blocco navale parte l'assalto: le navi militari sarebbero attrattive per i migranti. Ma per le Ong la sinistra lo aveva sempre negato

I militari no, le Ong sì: l'ultima balla sul blocco navale

Breve, maccheronica ricerca online. 18 novembre 2019, il Post: “Le Ong non attirano migranti in Europa”. Pochi giorni dopo, Open Migration: “Il pull factor delle Ong non esiste”. Repubblica, 24 giugno dello stesso anno: “Migranti, la grande balla delle Ong ‘fattore di attrazione’”. E a ben vedere di titoli simili ne fecero un po’ tutti i sostenitori degli “angeli dei profughi". Ricordate? Se da una parte si mettevano nel mirino i “taxi del mare”, accusati di attrarre barconi con la loro presenza a poche miglia dalla costa libica, a sinistra si è sempre cercato di minimizzarne l’impatto nel flusso migratorio. In sintesi: Ong o meno nel Mediterraneo, i migranti continuano comunque a salpare in massa alla volta dell’Italia.

Bene. Giusta o sbagliata che sia la posizione degli ultras dell'immigrazione, la cosa importante sarebbe non modificare idea con la frequenza con cui si cambiano le mutande. Speranza vana. Dopo anni a battere il chiodo sulle Ong che “non sono un fattore di attrazione”, infatti, oggi scopriamo incredibilmente che lo stesso principio non lo si può applicare alle motovedette del blocco navale. In sostanza: mentre per le Ong il "pull factor" è una "balla" colossale, qualora schierassimo fregate militari il fattore di attrazione ci sarebbe eccome. Un controsenso inspiegabile.

In un pezzo a pagina 17 del Corriere di oggi si legge: “Il blocco navale, i dubbi dei generali: ‘Se attuato in Libia attirerebbe migranti’”. A sostenerlo c’è il generale Claudio Graziano, presidente del Comitato di difesa dell’Unione Europea, secondo cui vedendo le navi italiane “le barche dei migranti punterebbero diritto” verso di loro. Sulla stessa linea anche l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, convinto che il blocco navale si trasformerebbe in una missione umanitaria stile Mare Nostrum. In pratica gli immigrati salirebbero sui barconi, cercherebbero di avvicinarsi alle navi militari le quali, non potendo affondare un'imbarcazione carica di gente, sarebbero costrette a caricarli a bordo e a portarli in Italia. Ma come, scusate? Non ci avevate sempre detto che le Ong di fronte alla Libia non favorivano le partenze? Per quale motivo una barca coi cannoni dovrebbe "attrarre" clandestini e Open Arms invece no? Applicando il ragionamento delle stellette e del Corsera, sarebbe allora cosa buona e giusta impedire anche alle navi umanitarie di vagabondare di fronte alle coste libiche. Non è che il pull factor lo si può “smentire” per favorire le Ong e usare a piacimento per bocciare il “blocco navale”. Un po’ di coerenza ci vuole, no?

A proposito di coerenza. Occorre sfatare anche un altro mito sulla fattibilità del blocco navale. Il refrain di questi giorni ripete: "Impossibile attuarlo perché si tratta di un atto di guerra". Tecnicamente, in realtà, lo si potrebbe fare eccome: basterebbe ottenere una risoluzione Onu (difficile) o l’autorizzazione del Paese interessato (più semplice). Forse il nome è fuorviante, ma la guerra in questo caso non c’azzecca un accidente. Per “blocco navale” qui s’intende una missione militare (italiana o europea) messa in campo in accordo con gli Stati costieri Nordafricani, i quali darebbero il loro assenso affinché la Marina Tricolore pattugli quella fetta di mare. Funzionerebbe? Probabilente no. Può non piacere? Legittimo. Ma non per questo sarebbe "impossibile".

Il blocco navale in fondo non è un’esclusiva delle destre, ma faccenda vecchia come cucco. Il piddino Nicola Latorre nel 2015 chiese a Unione Europea e Onu di predisporne uno “per fermare il traffico di esseri umani”. Per andare ancora più indietro, la più importante manovra di questo tipo la mise in campo il governo Prodi nel 1997: durante la seconda crisi dell’Albania, l’Italia firmò un “pattugliamento concordato" in cui le fregate italiane dovevano realizzare “manovre di allontanamento” in mare per costringere i barconi carichi di albanesi a fare marcia indietro. Finì in tragedia, vero: il 28 marzo la corvetta italiana Sibilia speronò la motovedetta “Kater I Rades” facendo colare a picco 108 anime. Ma comunque il blocco venne applicato, altro che “infattibile”. E poi va anche detto che nel gennaio del 2017, durante il Consiglio europeo informale a Malta, la Commissione inserì tra le varie proposte anche questa strategia anti-immigrazione. Nessuno osò sbraitare tipo gallina spennata.

Certo: l’ipotesi non venne mai presa in considerazione, anche perché è di complicatissima applicazione (difficile trovare in Libia un interlocutore stabile). Ma comunque era sul tavolo. E nessuno si scandalizzò in stile Roberto Saviano.

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