I mille visti rubati all'Italia in Pakistan: i documenti già usati per entrare in Ue

L'imbarazzo della Farnesina: non sa quando siano spariti

I mille visti rubati all'Italia in Pakistan: i documenti già usati per entrare in Ue

Un buco temporale lungo un anno. È questa la grande novità, rivelata ieri da un imbarazzato Luigi Di Maio durante il question time alla Camera, sul furto dei visti Schengen dalla sede dell'Ambasciata italiana in Pakistan. Su come e quando i mille sticker siano stati prelevati dalla cassaforte della sede diplomatica, finendo nelle mani di chissà chi, la Farnesina sta ancora indagando, ma i pochi dettagli fatti trapelare dal ministro degli Esteri sono un campanello d'allarme per la lotta all'immigrazione e al terrorismo islamico.

La scoperta risale al primo giugno del 2021, quando l'ambasciatore Andreas Ferrarese appura l'ammanco all'interno di un plico di 4mila visti conservati nell'Ufficio amministrativo-contabile. Nessuno però sa se il furto sia avvenuto lo stesso giorno, una settimana o un mese prima. L'unica cosa certa è che il faldone con le vignette arrivò a Islamabad 11 mesi prima della denuncia. Il 1 luglio 2020, infatti, l'Ambasciata prese in carico «il plico sigillato» con i visti e i relativi numeri di serie. Poi lo chiuse in cassaforte «in attesa dell'esaurimento degli sticker già in dotazione». E lì lo ha lasciato finché qualcuno dall'altra parte del mondo non ha notato che qualcosa non andava. «L'accertamento dell'ammanco - ha spiegato infatti Di Maio - è scaturito da segnalazioni del Consolato Generale a Dubai e della Farnesina, nelle quali si richiedeva alla Sede di verificare alcuni sticker rilevati in controlli nello scalo aeroportuale emiratino e a Lisbona, in quanto sospetti di falsificazione e riportanti numeri di serie in carico alla Sede in Pakistan». A quel punto, l'Ambasciata ha verificato che «un lato del plico» era stato «manomesso e richiuso con precisione, in modo impercettibile a ispezioni visive dall'esterno, e senza comprometterne la complessiva sigillazione».

Questo conferma quanto rivelato nei giorni scorsi dal Giornale, ovvero che qualcuno ha già usato i visti per entrare clandestinamente in Europa. Certo, dopo la scoperta del furto l'Italia ha informato l'Ue, la polizia, l'Interpol e le autorità pakistane: ora i numeri di serie sono segnalati e sfruttarli è più difficile. Ma da quanto tempo erano in circolo? Potenzialmente anche da un anno, utilizzabili da chiunque per arrivare comodamente a Roma e da lì prendere la via dei 26 Paesi Schengen. Il documento peraltro fa gola a molti: reti di trafficanti, criminali, jihadisti. Il Pakistan nel 2020 si è attestato all'11° posto nella classifica degli Stati col più alto tasso di rigetto delle domande di visti. Ed è considerato un vero e proprio «hub del terrorismo».

Sul caso sta indagando anche la procura di Roma. Ai pm la Farnesina ha trasmesso «informazioni sul rinvenimento di altre vignette» e «sulla modalità della loro compilazione fraudolenta» Ma Fratelli d'Italia punta il dito contro il ministro, accusandolo di aver preso alla leggera quanto successo.

«I visti possono servire a far entrare in Ue cellule più o meno dormienti del terrorismo internazionale - attacca Andrea Delmastro Delle Vedove - E a un mese dall'accaduto Di Maio non ha saputo dirci né il tempo intercorso tra il furto e la scoperta dell'ammanco, né quanti visti sono stati già usati».

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