La sentenza è già arrivata, anche se il processo non è finito, ma è quella che conta di più. Almeno per i nemici giurati di Matteo Salvini. Già, perché nei 5 anni trascorsi dall'apertura dell'indagine per sequestro di persona ai danni dei 134 migranti a bordo della Ong Open Arms, c'è chi non ha smesso un attimo di puntare il dito contro l'operato dell'allora ministro dell'Interno, bollandolo subito come criminoso. Nessuna remora sul fatto che - corretta o scorretta - quella fosse una scelta squisitamente politica, il partito dei giudici senza toga giorno dopo giorno ha visto le proprie fila ingrossarsi. Ad aprire le danze era stato Oscar Camps, fondatore dell'ong spagnola, il quale nel dicembre 2018 aveva sciorinato una tetra profezia: «Matteo Salvini, la tua retorica e il tuo messaggio, come tutto in questa vita finirà. Però sappi che tra qualche decennio i tuoi discendenti si vergogneranno di ciò che fai e che dici». Non proprio un bell'auspicio. Poco tempo dopo, sul palcoscenico ha fatto la sua apparizione l'attore Richard Gere in un film diverso da quelli a cui ci aveva abituati: «Salvini lo chiamo Baby Trump. Usa la stessa ignoranza in senso radicale, fanno leva su paura e odio. Dobbiamo fermare Trump». E per proprietà transitiva: dobbiamo fermare anche il leader del Carroccio. A far compagnia alla star di Hollywood anche Antonio Banderas, che aveva definito l'episodio un «orrore». Roberto Saviano, con un tweet al vetriolo, era stato ancora più tranchant: «I 134 migranti a bordo della Open Arms, dopo essere stati ostaggio dei banditi libici, ora lo sono del bandito politico Matteo Salvini, il Ministro della MalaVita. Ma il destino di Salvini è il carcere, e questo lo sta capendo anche lui; basterà che si spengano le luci». Sempre presenti poi, tra gli altri, il vignettista Vauro («Che Salvini per un reato come il sequestro di persona non vada a processo mi sembra assurdo. Vada!») e gli attori principali del circolo mediatico progressista, vedi Formigli e Travaglio. Naturalmente, anche tra i politici c'è stato chi ha vestito - nel vero senso della parola - i panni dell'ong indossando una felpa con la scritta Open Arms durante un incontro nell'aprile 2021 con il fondatore. Parliamo di Enrico Letta, allora segretario Pd. «Alla faccia delle provocazioni e del buongusto, del governo di unità nazionale, quando a parlare di provocazioni è un segretario di un partito che è al governo con me e si mette la felpa di una Ong che vuole portarmi in galera, non fa un buon servizio al Paese», commentò il leghista non accontentandosi delle successive scuse ricevute via whatsapp dall'esponente dem. E come non citare poi il vangelico Matteo Renzi che dopo un tira e molla decise di votare a favore dell' autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini? «Ministro, se crede, legga il capitolo 25 del Vangelo, naturalmente di Matteo. Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito»...
se ha questi valori, faccia sbarcare le persone ostaggio della sua politica», urlò il leader di Italia Viva intervenendo nell'Aula del Senato nell'agosto 2019. Adesso si attende la sentenza vera, ma difficilmente cambierà qualcosa.
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