I pm lo accusano: evasione fiscale. Nel mirino un quadro dei primi del '900. "Ma non era mio"

Il critico: "Mai partecipato all'asta. Venne pagato dall'avvocato Sforza Fogliani. Non ha diritto a un dipinto?"

I pm lo accusano: evasione fiscale. Nel mirino un quadro dei primi del '900. "Ma non era mio"
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Rimborsi. Potenziali conflitti di interesse. E ora pure l'accusa di aver sottratto al fisco 715 mila euro. Agli articoli del Fatto Quotidiano si somma infatti l'indagine della procura di Roma che ha acceso i riflettori sulla vendita di un quadro dei primi del Novecento, «Il giardino delle fate» del maestro Vittorio Zecchin, acquistato all'asta nell'ottobre 2020 da Sabrina Colle, la compagna di Vittorio Sgarbi. I pm contestano al critico d'arte il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. In sostanza, la Colle avrebbe agito per conto di Sgarbi e tutto questo per aggirare il fisco. Un'ipotesi ardua perché Sgarbi compra arte da sempre e non si capisce come mai proprio in quell'occasione avrebbe escogitato un meccanismo così contorto per sfuggire all'erario. Sgarbi si difende e gioca una sorta di jolly: il dipinto venne pagato dall'avvocato Corrado Sforza Fogliani, l'ex presidente di Confedilizia oggi scomparso, con tanto di bonifico. «Avrà diritto di avere un quadro?», domanda ad alta voce il polemista. «Io - aggiunge il sottosegretario - non ho mai partecipato all'asta, il quadro è stato battuto dalla mia fidanzata, è intestato a lei ed è stato notificato dallo Stato a suo nome».

Insomma, probabilmente non sarà questa la pietra d'inciampo di Vittorio Sgarbi.

Più problematica potrebbe essere la questione dei cachet percepiti dal sottosegretario. Qui la legge ammette le collaborazioni occasionali ma non quelle continuative. L'Agcom aveva dato disco verde allo Sgarbi giornalista, ora la pratica potrebbe essere riaperta, mentre entra in scena l'Antitrust per le conferenze.

Il tema, vedi altro articolo, è assai scivoloso ma non esaurisce l'inesauribile dossier Sgarbi. Il Fatto mette il naso anche nei rimborsi e elenca più tutta una serie di situazioni che non sarebbero state gestite in modo impeccabile. Nel cahier c'è perfino il passaggio in nave chiesto direttamente al prefetto di Messina. Il 9 settembre scorso Sgarbi è in Sicilia per presentare la «Messina bendata». L'accordo prevede cinquemila euro più Iva. Ma c'è poi quella richiesta al prefetto di un passaggio in nave per Reggio Calabria e l'aeroporto.

Siamo fuori da canoni del galateo istituzionale? Sgarbi però risponde: è vero, era stato invitato da un'associazione privata per la presentazione di un documentario, ma il Fatto dimentica che nell'agenda del sottosegretario c'erano anche altri impegni di carattere pubblico. E il sottosegretario li mette in fila con puntiglio: «Il sopralluogo al Museo regionale di Messina, il sopralluogo in alcune chiese cittadine che custodiscono opere d'arte, l'incontro con il sindaco di Messina e il meeting con l'assessore al turismo della Regione Sicilia per la programmazione di iniziative congiunte».

Insomma, Sgarbi andava e va a doppia velocità e quando fa una cosa in realtà ne fa due se non tre. Dunque, il suo comportamento sarebbe giustificato.

Allo stesso modo, Sgarbi disinnesca la querelle sul principe Pallavicino, nobile genovese con palazzo dalla vista deturpata per la costruzione di alcuni parcheggi.

Sgarbi tuona contro quei manufatti e intanto incassa, in due tranche, 54 mila euro. «Da anni - è la replica piccata - coordino l'attività di promozione della prestigiosa collezione d'arte». Le fatture dovrebbero allontanare sospetti e insinuazioni su uno Sgarbi polemista a gettone.

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