I razzi di Hezbollah colpiscono il cuore di Israele. Netanyahu sente Trump: adesso niente divieti

Il premier contestato per l'addio a Gallant. Prepara l'offensiva

I razzi di Hezbollah colpiscono il cuore di Israele. Netanyahu sente Trump: adesso niente divieti
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Israele non si fa mancare nessuna emozione, nel bene e nel male: ieri è stata la giornata in cui la vittoria di Trump è arrivata dopo una notte insonne come quella degli americani. In genere, si è conclusa con respiro di sollievo anche di chi non vuole confessare simpatie per Donald e certo con il senso che finalmente il sostegno per Israele in tempi duri sarà chiaro e dissuasivo. È stata anche la giornata delle manifestazioni e della conferenza stampa di tutti i capi dell'opposizione contro Netanyahu dopo il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant. E sullo sfondo una pioggia di missili si è abbattuta su tutto il Nord e la costa: è realistico che l'Iran abbia ordinato agli Hezbollah di ricordare col fuoco che è il 40° giorno dall'eliminazione di Nasrallah e di dare così il benvenuto a Trump. Bibi ieri è stato fra i primi a parlare al telefono col nuovo presidente: la guerra, i rapiti, il terrorismo, il Libano, Hamas, il cambiamento del ministro che era anche l'interlocutore preferito del governo Biden, ma fra Palm Beach e Gerusalemme si è certo insistito sull'argomento più urgente: l'Iran, il suo progetto di attaccare di nuovo Israele, la bomba atomica già quasi pronta. Trump ha sempre mostrato di condividere la linea per cui la Repubblica Islamica è la testa di uno schieramento pericoloso per tutto l'Occidente, gli ha a suo tempo tagliato i fondi e ha cassato ogni accordo. Ieri ha detto che «vuole chiudere, e non aprire guerre»: ma è del tutto probabile che non punti come Biden a un «cessate il fuoco» che lascia i nemici in piedi a riorganizzarsi per la distruzione di Israele. Trump ha anche detto che le strutture atomiche iraniane sono il vero obiettivo su cui puntare. Israele invece attaccando ha dovuto accettare il veto di Biden.

In generale memori del successo comune con i patti di Abramo, sia Trump sia Netanyahu certo hanno in mente soluzioni che comprendano l'appoggio dell'Arabia Saudita, dove si è interrotta la strada degli Accordi di Abramo. Trump certo spera in un grande piano che lo consegnerebbe alla storia, eliminando l'anello di fuoco iraniano (e qui, sembra difficile che possa mantenere ormai un rapporto con Putin, tutto da quella parte) e cementando un fronte di pace con i Paesi sunniti e certo anche i Palestinesi, per cui aveva previsto a suo tempo uno Stato. Ma i tempi sono diversi. E oggi Netanyahu si sente molto più sicuro perché se lo scontro con l'Iran arriverà, gli americani non diranno ancora «don't». Intanto fino al 20 gennaio, quando avverrà il cambio, si deve trovare un buon rapporto con Biden con cui il miglior contatto il ministro della Difesa. Il segretario alla difesa Lloyd Austin ha lavorato ogni giorno con lui: non era un segreto che in questo rapporto Gallant promuovesse le sue idee, che tendevano all'appeasement ma secondo lui avrebbe portato alla restituzione degli ostaggi. La sua scelta ferì Netnayahu quando affermò, dopo il voto del gabinetto il 29 agosto, di essere contrario a restare a guardia dello Tzir Filadelfi, il confine di Gaza e polmone di Hamas con l'Egitto. Gallant, che Netanyahu aveva già licenziato nel 2023 e poi riammesso su spinta popolare, è un soldato di valore, il suo dignitoso discorso ha ribadito la sua fedeltà a Israele e infiammato i suoi sostenitori. Gallant è si è fatto forte di un rapporto privilegiato col Capo di Stato Maggiore, che ha oltraggiato Netanyahu. La sua scelta di spingere per la coscrizione dei religiosi haredim rischiando una crisi di governo, ha causato la frattura.

Biden, che non ha perso personalmente, cercherà ancora il suo retaggio nei prossimi due mesi tornando alle regole umanitarie, la pace, i rapiti. Si apre un altro periodo complicato, mentre l'Iran minaccia e, insieme, trema.

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