I rom ci intossicano, noi li paghiamo la Tari

L' Ama spenderà 600mila euro per la raccolta dei rifiuti nei campi nomadi dove i rom, che non pagano la Tari, bruciano rifiuti tossici inquinando l'aria di diossina. E intanto nella Capitale si accumulano i sacchi di immondizia e il degrado invade persino i parchi...

I rom ci intossicano, noi li paghiamo la Tari

Che Roma sia sporca peggio di Napoli si sapeva, che nei campi rom della Capitale regni l’anarchia non è una novità ma ora l’assurdo sta diventando realtà. Se si pensa che il commissario straordinario Francesco Tronca tra Natale e Capodanno ha imposto due giorni di targhe alterne viene quasi da ridere eppure è tutto vero. L’Ama, la municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti, ha indetto un bando di gara da 600mila euro in due anni per sub-appaltare questo servizio che, in teoria, dovrebbe svolgere lei stessa dentro i campi rom.

Le zone interessate sono via Salone, la Barbuta, la Monachina, via Salaria, via Cesare Lombroso, via Pontina, via Arco di Travertino, viale Ortolani e via Candoni. Tale scelta è dettata dal fatto che l’Ama non ha i mezzi per raccogliere e smaltire i rifiuti tossici che vengono bruciati dai nomadi e che generano grandi quantitativi di diossina nell’aria. Oltre al danno, però, vi è pure la beffa perché, ovviamente, i rom che vivono nei campi non pagano la Tari perché, se sono legalmente riconosciuti, ci pensa il Comune a pagare.

Ma che succede se si tratta di campi abusivi? Capita che si rischia che ci scappi il morto.“Proprio domenica notte, a via Collatina, è andato a fuoco un campo nato vicino a un padiglione abbandonato che si trova dietro a un centro d’accoglienza per immigrati e a ridosso di una casa farmaceutica e di due aziende alimentari”, ha spiegato a ilgiornale.it Roberto Torre, presidente del Comitato dei residenti del quartiere di Tor Sapienza, una zona della Capitale divenuta famosa a seguito degli scontri dell’autunno del 2014.“I pompieri non riescono a entrare nel padiglione – racconta Torre – perché c’è il rischio che possa crollare se esplode qualche bombola e perciò tutta l’area è stata chiusa per almeno 24 ore. Noi respiriamo diossina tutti i giorni”. La situazione non migliora di certo se ci si sposta in altre zone della Capitale. Sempre domenica anche a La Barbuta è stato appiccato un nuovo rogo per bruciare bombolette spray, residui di amianto, plastica e altre sostanze nocive. L'ultimo rogo si era verificato lo scorso del 29 dicembre, ma uno dei più gravi e lunghi resta quello del 22 luglio 2015 che si è protratto fino a notte fonda a causa del caldo afoso dell’estate. “In quell'occasione vennero impiegati circa 15 mezzi tra vigili del fuoco e protezione civile e tra questi un volontario venne ferito da una sassata dei rom”, racconta Luca Sferrazza, un residente del luogo.

I fuochi vengono appiccati per bruciare i rifiuti accumulati che i nomadi hanno sottratto dai cassonetti sparsi per Roma oppure per smaltire, dietro compenso, quei mobili e quegli elettrodomestici che gli italiani lasciano nel loro campo. Il fuoco serve ad estrarre il rame che i rom rubano soprattutto dagli impianti d'illuminazione pubblica e questo è uno dei motivi per cui un lungo tratto del Grande Raccordo Anulare è al buio da ormai svariati mesi. Dietro alla lavorazione e vendita del rame esiste un vero e proprio mercato nero su cui anche le forze dell’ordine stanno iniziando a indagare accertandosi che i rottamatori si riforniscano solo da chi ha un regolare patentino per venderlo, ma non mancano gli escamotages per sfuggire ai controlli.

A chiedere un’amministrazione più attenta alla salute dei propri cittadini“ancor prima del giro di soldi che c’è dietro il commercio del rame e del ferro” vi è anche Fabrizio Montanini, presidente del Comitato Beltramelli-Meda che sta organizzando, insieme ad altri comitati, una grande protesta a Roma di tutti i quartieri periferici coinvolti nel problema dei roghi tossici. Campi che sono del tutto fuori controllo, come spiega Valter Palombi, residente nel quartiere di Ponte di Nona, nato solo dieci anni fa e già intossicato dalla diossina generata dai roghi che provengono dalla vicina via di Salone.“Persino i panni stesi hanno l’odore dei campi rom e noi siamo costretti a stare con le finestre chiuse anche d’estate”, racconta Palombi secondo cui per risolvere il problema “basterebbe un maggior controllo per evitare che ci fosse l’accesso ai campi di questo genere di rifiuti anziché stanziare dei soldi per smaltirli”. Se non si fermano tali roghi, perciò, sono del tutto inutili le iniziative delle targhe alterne per fermare il problema dell’inquinamento anche perché, come ci spiega il meteorologo Andrea Giuliacci, “solo il vento, la pioggia o la neve possono ripulire l’aria inquinata, mentre tutti i provvedimenti presi a posteriori non risolvono il problema ma consentono soltanto di non aggravarlo”.

Ma a Roma a soffrire per la cattiva gestione dei rifiuti non è solo la periferia. Se il problema dei livelli elevati di pm10 si è momentaneamente risolto con le giornate di targhe alterne, molto c’è ancora da fare per ripulire le strade del centro dal lerciume prodotto da chi rovista nei cassonetti ma anche, e soprattutto, dai topi e dai gabbiani. L’Ama, dal canto suo, continua a sostenere che la raccolta differenziata in due anni è arrivata al 45% ma è facile trovare i cassonetti stracolmi e i parchi pubblici del tutto abbandonati dopo che il bando sul servizio giardini è stato annullato a seguito dell’inchiesta di Mafia Capitale. “Il problema è che Marino, nel cercare di portare la raccolta differenziata al 50%, ha drenato personale dalla pulizia delle strade per metterle sulla differenziata”, spiega Alessandro Giachetti, coordinatore della lista Marchini nel municipio del Centro Storico che, insieme a vari attivisti, è andato a ripulire vari parchi lasciati in mano ai senza tetto e il più delle volte senza il pieno aiuto dei dipendenti dell’Ama. “Loro ci hanno fornito il materiale e sono venuti con i camion a ritirare i sacchi ma mica si sono messi a pulire insieme a noi”, spiega Giachetti. Un atteggiamento di grande sciatteria che si riverbera anche nelle vie limitrofe alle basiliche giubilari dove i sacchi di rifiuti si accumulano uno sopra l’altro dando adito anche a timori per la sicurezza pubblica.

“Chi ci assicura che sotto una montagna di rifiuti o dentro uno zaino abbandonato non si possa nascondere un ordigno esplosivo piazzato da un terrorista dell'Isis?”, si chiede Giorgio Mori, responsabile immigrazione di Fratelli d’Italia a Roma.

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