I tank di Israele a Gaza. Bibi: "Distruggere Hamas. Il bene vincerà sul male"

È stata una notte di fuoco a Gaza. Di bombe, di morte, di paura

Il carro armato israeliano Merkava Iv "Barak". Fonte: Idf.
Il carro armato israeliano Merkava Iv "Barak". Fonte: Idf.
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È stata una notte di fuoco a Gaza. Di bombe, di morte, di paura. «La peggiore dall'inizio della guerra» raccontano dalla Striscia. Ma non sarà l'ultima. Anzi, potrebbero essercene anche di peggiori. È l'effetto dell'inizio, di fatto, dell'escalation dell'esercito israeliano. Un'invasione di terra mascherata, con attacchi incessanti che sono arrivati coi tank e gli aerei per tutta la notte e buona parte della mattina. Gaza City ma anche i campi profughi di Jabaliya a Bet Lahiya e Bet Hanun e Khan Yunis nel Sud colpite pesantemente con la Striscia quasi completamente al buio e illuminata solo dalle esplosioni. «I nostri soldati sono dentro Gaza, la guerra sarà dura e lunga, sarà la nostra seconda guerra di indipendenza. Vogliamo restituire agli assassini quello che hanno fatto», ha detto il premier Benyamin Netanyahu dopo che il portavoce dell'esercito Daniel Hagari aveva commentato con un riduttivo «stiamo espandendo le operazioni di terra».

Israele ha colpito dal cielo ma anche con incursioni della fanteria meccanizzata e assalti sui gommoni dal mare con le forze speciali. Sarebbero stati circa 150 gli obiettivi sotterranei, tunnel compresi, colpiti dall'aviazione che hanno portato all'uccisione di diversi miliziani di Hamas. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha confermato che «siamo passati a una nuova fase della guerra» e ribadito che l'operazione a Gaza continuerà a lungo. Anche per questo è stato lanciato un appello urgente ai palestinesi del Nord della Striscia a «spostarsi immediatamente a Sud per la propria sicurezza». Oltre all'ormai consueto lancio di razzi da Gaza verso Israele con mirino anche Tel Aviv, la risposta di Hamas è arrivata soprattutto a parole. Il leader politico Ismail Haniyeh, in un videomessaggio dal suo comodo ufficio di Doha, in Qatar, ha lanciato un messaggio in cui il fanatismo sfocia nel delirio. «Abbiamo bisogno del sangue delle donne, dei bambini e degli anziani per risvegliare dentro di noi lo spirito rivoluzionario», ha detto, confermando quanto i civili palestinesi siano considerati poco più che vittime sacrificali per la causa jihadista del movimento.

Dal punto di vista strategico invece un altro dirigente di Hamas, Ghazi Hamad, racconta che «le Brigate Qassam hanno fermato un tentativo israeliano di avanzare e hanno inflitto enormi perdite in termini di soldati e di equipaggiamento», spiegando poi che «la Striscia di Gaza è e rimane la tomba degli invasori. Chi infierisce su di noi struscerà il naso nella polvere». Izzat al-Reshek, altro dirigente, sostiene che «l'esitazione di Israele di fronte all'invasione di terra di Gaza dimostra uno stato di confusione e paura». Intanto, a conferma delle accuse dei giorni scorsi, l'esercito israeliano ha diffuso anche i video degli interrogatori di due miliziani di Hamas che confermano il nascondiglio dei miliziani nei sotterranei dell'ospedale Shifa di Gaza City.

In tutto questo, resta drammaticamente irrisolta la questione ostaggi con 229 persone ancora nelle mani dei terroristi. Hamas ha comunicato che presto rilascerà gli ostaggi russi, «trattati come ospiti» dopo l'invio dell'elenco, che dovrebbe comprendere otto persone, fornito da Mosca. Mentre le famiglie, dopo aver protestato duramente contro il governo («Siamo stanchi di slogan, il tempo per i nostri cari stringe», ha detto un portavoce), sono state ricevute ieri dal premier. Netanyahu ha assicurato che «continuerà a fare ogni possibile tentativo per riportarli a casa», aggiungendo che «quanto più è grande la pressione su Hamas tanto maggiori sono le possibilità che siano rilasciati».

Le famiglie hanno chiesto la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi in Israele in cambio del rilascio dei loro cari come chiesto da Hamas. Sarebbero circa 7mila e secondo i terroristi la trattativa era a buon punto prima della marcia indiestro di Israele. Un dramma nel dramma di una guerra sempre più pesante e complicata.

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