I timori dell'imprenditore veneto: «Il governo ci ostacola, il futuro è nero»

Gabriele Piccolo guida un'azienda hi tech: quota 100 è un disastro

Serenella Bettin

Venezia Si chiama Gabriele Piccolo. Ed è il presidente della Fpt Industrie Spa di Santa Maria di Sala, vicino Venezia. Una azienda leader mondiale nel settore delle macchine utensili e nella produzione di impianti per lavorazioni aerospaziali. I telai delle navicelle e i serbatoi spediti in orbita dagli americani e dai russi sono targati Fpt.

La sua azienda impiega 520 dipendenti e quest'anno compie 50 anni, ma a lui di festeggiare è passata la voglia. I motivi? La recessione. L'incertezza. Il futuro. Il calo del Pil. I provvedimenti scellerati di questo governo che premia chi siede e aspetta.

E l'eccesso di burocrazia. «Per ottenere una licenza di esportazione - racconta Piccolo al Giornale - ci vogliono dai due ai tre mesi. La commissione del ministero si riunisce una volta al mese. Ci sono rallentamenti e così molte commesse vanno perse».

Piccolo ci riceve nel suo studio all'ultimo piano dell'azienda. Una società fondata da suo padre che lui porta avanti con dedizione. Il segreto? Dice ai dipendenti di non festeggiare il passato, ma di impegnarsi sul futuro. «Abbiamo finito il 2018 in maniera discreta - racconta - ma quello che mi preoccupa sono i mesi a venire. Abbiamo un'Europa ingessata e un'Italia totalmente incapace di pianificare strategie e di fare scelte chiare nell'individuare i settori leader che valorizzino le aziende italiane. Ci stanno superando Paesi come India Corea Cina Taiwan. Viaggiano trenta volte più veloci di noi». Un fatturato che tra Fpt e le altre tre aziende collegate sfiora i 120 milioni di euro l'anno. Con un utile netto del 7%. «I costi fissi sono esorbitanti - spiega - e derivano da tutte le normative che negli altri Paesi non esistono. Sa quanto abbiamo speso per un impianto di verniciatura in sicurezza? 500 mila euro. Sa cosa fanno in Cina? L'ho visto con i miei occhi. Verniciano le macchine in strada, mascherina e via. Ecco con quali mercati dobbiamo competere». Tanto che l'azienda ha quasi smesso di produrre perché «ci superano i cinesi, i coreani e i vietnamiti» macchine utensili semplici e fresatrici.

«Questo settore muove il mondo intero, se l'Italia non capisce questo, dove andiamo? A me questo futuro preoccupa». Anche perché la quota 100 rischia di provocare l'esodo dei capireparto. «Abbiamo persone che si stanno informando per andare in pensione prima, per vedere se conviene - spiega -. Ma questa azienda non è fatta di muri e quando perdo una persona perdo un valore. Perdo qualcuno che ha lavorato con me per 35 anni e che potrebbe trovare lavoro da qualche parte in nero, con una pensione». Per ognuno che va via dovrebbe prenderne quattro, che vanno formati. E così altri anni, altri costi. Con il rischio che se ne vadano dopo che sono stati formati.

«Questo governo - conclude Piccolo - avrebbe dovuto premiare chi decideva di fermarsi al lavoro, con incentivi o detassazioni. Avrebbe dovuto investire sulle infrastrutture, per far ripartire l'economia.

Invece danno soldi nell'assistenza. Abbiamo la Tav ferma. La Ravenna-Roma, le varianti e le pedemontane bloccate. Tutto questo spiega il fatto che quest'anno compiamo 50 anni ma i festeggiamenti li rimandiamo a quando le prospettive saranno più certe».

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