Cinque omicidi, 11 capi di imputazione, otto mesi di fuga, due ore e mezza di camera di consiglio, un ergastolo e per le vittime 1,7 milioni di risarcimento che finiranno in nulla. Sono le cifre del processo di primo grado ad Igor il russo, alias Norbert Feher, il mostro di Subotica, che da aprile 2017 terrorizzò tutta Italia, dopo aver ucciso due uomini e ferito un terzo in pochi giorni, prima di sparire fra le campagne dell'emiliane. Lo hanno cercato tutti: esercito, polizia, carabinieri, forze speciali. Invano. Igor Vaclavic, nome «d'arte» per 38 anni per lo più spesi a uccidere e scappare, è ricomparso in Spagna, a fine 2017 dove, dopo aver ucciso altri tre uomini due agenti e un pastore - in un'unica notte scellerata, fu tradito solo da un colpo di sonno alla guida dell'ennesimo furgone rubato. Così fu catturato, a Teruel, in Aragona e, ieri, ha ascoltato questa prima sentenza italiana cui farà appello, proprio in collegamento dal carcere di Saragozza.
Non una grinza sul viso, non un'emozione. Impassibile, gelido come quando ha ricostruito, negli interrogatori dei mesi scorsi, la sua fuga dall'Italia alla Spagna, attraverso il col di Tenda e la Francia, a piedi, in bici, vivendo brado perché «la natura è casa mia». I processi in Spagna, per il triplice omicidio del 14 dicembre 2017, devono ancora cominciare. In Italia, invece, Igor ha scelto il rito abbreviato. Soddisfatto il procuratore Giuseppe Amato perché il gup di Bologna, Alberto Ziroldi, ha accolto la richiesta dell'accusa che aveva chiesto il massimo della pena per il Igor.
Era sera a Riccardina di Budrio: sabato 1° aprile 2017 il bar dei Fabbri ospitava gli ultimi clienti. All'improvviso entra lui e punta un fucile: Davide Fabbri, con grande coraggio cerca di disarmarlo, ci riesce, ma Igor ha anche una pistola. Lo fredda e se ne va, sotto gli occhi della moglie Maria Sirica che, da allora, continua a ripetere: «Sarebbe stato meglio che colpisse anche me, sono morta comunque». La caccia all'uomo parte quasi subito, ma non serve. La prima settimana di ricerche basta solo a scoprire che quell'uomo, che si professa russo, ma è ungherese nato in Serbia, parla molte lingue, ma soprattutto quella della violenza. Igor in Italia non doveva stare perché è abbonato al crimine. In galera ha già trascorso 8 anni per furti, rapine e tentato omicidio e sarebbe dovuto essere espulso, dopo l'uscita di prigione anticipata per ecco l'assurdo - buona condotta. Igor ha frequentato un'altra banda sanguinaria, quella di Ivan Pajdek che dal carcere non lesina dettagli. Il «russo», però, è soprattutto un cane sciolto, tanto che di lui non si trovano tracce.
Finché, ed è ancora sabato, l'8 aprile a Molinella, a imbattersi nel primo ricercato d'Italia sono inconsapevolmente due guardie ecologiche. Loro cercano al massimo dei pescatori di frodo: nonostante quella sia zona rossa per le ricerche, con l'esercito ormai spiegato da giorni, i loro turni di pattuglia non sono stati sospesi. Valerio Verri viene freddato, Marco Ravaglia, ferito, si salva, fingendosi morto. Igor molla il suo fiorino bianco e prosegue a piedi la sua fuga. Resterà in Italia ancora una decina di giorni. Mantova, Cremona, Piacenza, fra Alessandria e Cuneo compra un pc, poi varca il confine. Au revoir, o meglio adios.
In aula, ieri, erano presenti per la prima volta Maria Sirica, vedova di Fabbri e, come sempre, i figli di Verri, Francesca ed Emanuele, oltre all'agente Ravaglia.
«Mio marito è stato ucciso dallo Stato - ha detto Sirica - Igor doveva essere espulso da anni». «Nostro padre era volontario in pensione e non fu protetto« ripetono i figli di Verri. Igor farà ricorso e va avanti. Dietro resta una scia enorme di male e dolore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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