Apriamo anche il "portafoglio". Spese legali pagate ai migranti

Sempre più numerosi i ricorsi presentati dagli stranieri quando non viene loro riconosciuto lo status di rifugiato. Una spesa, secondo le stime, di oltre 60 milioni di euro all'anno, messi a disposizione degli stranieri

Apriamo anche il "portafoglio". Spese legali pagate ai migranti

L'Italia continua ad essere meta prediletta degli immigrati, per la stragrande maggioranza clandestini, che continuano a raggiungere qotidianamente le nostre coste. Una volta messo piede nel territorio nazionale, hanno diritto a tutta una serie di garanzie che per lo Stato costituiscono un certo costo. Infatti, oltre ad avere vitto ed alloggio gratis, agli stranieri che si dichiarano indigenti viene garantito anche un vero e proprio patrocinio da parte del governo, che stanzia per loro migliaia e migliaia di euro.

Questi soldi, spiega "La Verità", vengono impiegati anche per permettere agli extracomunitari di presentare ricorso nel caso sia loro respinta la domanda di protezione sussidiaria o di asilo politico. Insomma, i contribuenti italiani provvedono anche alle spese legali dei migranti.

Secondo quanto riferito dal quotidiano "Il Piccolo", nell'ultimo periodo si è registrato un"aumento esponenziale" di ricorsi presentati dagli immigrati, tanto che il tribunale di Trieste sarebbe ormai arrivato al collasso. In questi ultimi anni le cifre non hanno fatto altro che aumentare: a Trieste si è passati dai 195 procedimenti per il riconoscimento dello status di protezione internazionale del 2017, ai 1128 del 2018, fino ad arrivare ai ben 3219 dello scorso anno. Il 2020 non si è ancora concluso, ma siamo arrivati già a 1242 domande.

Oltre allo sforzo economico, vi è anche un ingente coinvolgimento di risorse. L'avvocato Paola Bosari, infatti, precisa che queste procedure "assorbono il 60% del lavoro della sezione civile del tribunale".

"Nel 2018 arrivarono i primi migranti a chiedere il mio patrocinio. Non volevano appoggiarsi ai legali fiduciari delle cooperative di accoglienza. Oggi sono circa 250 quelli che seguo, per il 60% hanno presentato ricorsi contro le decisioni delle commissioni territoriali che negano loro il riconoscimento dello status di rifugiato", racconta il legale. "Per il rimanente 40% si tratta di 'dublinanti', ovvero migranti che sono riusciti comunque a presentare domanda di asilo nel Paese di loro scelta, cioè l'Italia, dove si sono trasferiti per riprendere l'iter di richiesta d'asilo negato da altre parti. Di questi, nessuno è stato mai rispedito fuori dai nostri confini".

Ma quanto costa tutto questo? Inizialmente, spiega la Bosari, lo Stato italiano elargiva 1200 euro per ogni patrocinio giunto a buon fine. Per quelli "rigettati", veniva comunque riconosciuta la cifra di 900 euro. La media si è poi abbassata, a "800 euro a procedimento, che può richiedere più anni prima di giungere a termine".

In ogni caso, per i migranti, è tutto gratuito. Se ad esempio si moltiplicano gli 800 euro messi ora a disposizione del governo per le 3219 domande presentate a Trieste lo scorso anno, si arriva ad una spesa di ben a 2,5 milioni di euro. Se ci spostiamo in altre zone d'Italia, la situazione non cambia. "La Verità" stima una cifra che si aggira intorno ai 60 milioni di euro, denaro impiegato per le spese legali degli stranieri che pretendono di restare nel nostro Paese e quindi fanno ricorso.

Le procedure richiedono anni, come spiega l'avvocato Bosari:"Quando trattiamo casi di richiedenti asilo che hanno fatto la domanda in un altro Stato europeo, come controparte abbiamo l'Unità Dublino presso il ministero dell'Interno, quindi le udienze vengono fissate dopo due, tre anni.

In Germania risolvono la questione in poche settimane, dopo il diniego mandano i migranti nei centri di deportazione da dove li rimpatriano sul serio".

In Italia, invece, i tempi sono lunghi, e quando si arriva all'udienza, spiega l'avvocato Alessandra Devetag, "spesso di quel clandestino non c'è più traccia".

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