Li hanno appesi a un ponte, come impiccati. Gettati a penzoloni sulle acque del Tevere, legati al cappio della militanza più violenta. Strano concetto di democrazia, quello espresso ieri dai giovani che a Roma hanno sfilato sotto le insegne dei cortei studenteschi. I soliti «bravi ragazzi» non si sono smentiti: durante il corteo organizzato per manifestare contro l'alternanza scuola-lavoro, hanno oltraggiato i neoeletti presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, infierendo su alcuni manichini che riportavano le loro fotografie. Gli attivisti hanno agganciato i fantocci a una fune, poi li hanno calati dalle arcate del ponte Sublicio. Sopra, per completare l'irriguardosa opera, vi hanno esposto anche uno striscione: «Governi diversi, stessi interessi». In fatto di slogan, gli attivisti si erano in realtà sbizzarriti già prima di «giustiziare» la seconda e la terza carica dello Stato italiano. «Andremo contro il governo neofascista che si sta formando e contro questo Parlamento. È solo l'inizio di un anno di mobilitazioni e di occupazioni», avevano strillato al megafono nel corso della protesta, avvenuta proprio nelle ore in cui al Quirinale avvenivano i passaggi decisivi per l'avvio del nuovo esecutivo. Non erano mancate invettive contro la Nato, riferimenti all'ambientalismo e a presunti diritti negati: poche idee, tanta ideologia. «Nessun voto rappresenta la nostra rabbia», si leggeva poi sul manifesto che apriva il corteo culminato con un sit-in davanti al ministero dell'Istruzione. Così, tra accuse di fascismo e bandiere rosse sventolate da qualcuno, la contestazione aveva presto rivelato la propria natura. L'indecoroso show sul ponte Sublicio, con La Russa e Fontana mandati idealmente alla forca, sarebbe stato poi interrotto dalle forze dell'ordine, intervenute per rimuovere i fantocci e lo striscione che li sovrastava. I baldi giovanotti dei cortei studenteschi, peraltro, non erano nuovi a simili manifestazioni d'odio: già nel 2018, proprio su quel ponte, avevano «impiccato» anche un altro esponente politico, guarda caso sempre di centrodestra. In quell'occasione, il cappio al collo era stato riservato all'allora ministro degli Interni Matteo Salvini, rappresentato analogamente da un manichino e preso di mira per le sue politiche contro l'immigrazione irregolare. A seguito di quanto accaduto, ieri era stato proprio il segretario della Lega a esprimere tra i primi la propria solidarietà ai due presidenti. Sull'onda di un clima post-elettorale reso già incandescente dagli ultrà anti-Meloni, del resto, quello scempio aveva rievocato di colpo scene violente da anni '70.
Che per qualcuno il fil rouge con quel periodo non si fosse mai spezzato lo si era capito pure nei giorni scorsi, quando a Roma erano comparse scritte minacciose contro La Russa, accompagnate da una stella a cinque punte. Nuovi bersagli, vecchi metodi.
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