Quando si dice Israele e lo si osserva sulla scena mondiale, si percepisce sempre qualcosa in più rispetto alla dinamica della diplomazia. Pace, guerra, tempeste e aurore, il popolo ebraico che diventa stato nazione, la tragedia, la vittoria, l'antisemitismo che alza la testa e poi viene messo a tacere.
Anche stavolta la visita di Benjamin Netanyahu a Roma, la bandiera bianca e celeste con la stella di David accanto a quella tricolore hanno possibili significati che trascendono la politica quotidiana.
Lo si è intuito nelle parole dei due primi ministri, Netanyahu e Giorgia Meloni, che si sono incontrati ieri: in Israele, fra le continue accuse che inseguono il Primo Ministro in queste settimane della grande rivolta contro la riforma giudiziaria, c'è anche quella del viaggio in un Paese che secondo i giornalisti, è minore e non decisivo. Ma parlando della collaborazione energetica e contro la siccità e delle molte altre possibilità (come ha detto Meloni) che si aprono in un rapporto ravvicinato fra i due Paesi, è ritornata sempre la parola Europa.
È un segnale non solo pragmatico e di business quando Bibi annuncia che Israele sceglie l'Italia come strada maestra dell'esportazione del suo gas, la questione energetica è ormai cruciale da quando la Russia è una potenza avversa, il progetto East Med può spostare dinamiche che darebbero all'Italia un ruolo fondamentale dell'approvvigionamento europeo. Mentre in centro si svolgeva una manifestazione di circa 400 israeliani a Roma (così si riporta) con parole d'ordine molto dure contro Bibi e il governo, il Forum economico per le Imprese presieduto da Bibi e dal ministro Adolfo Urso per le Imprese e il Made in Italy raccoglieva una cinquantina di amministratori delegati delle maggiori imprese, da Eni a Leonardo a Fincantieri a Ita e Fs, fra cui Francesco Starace di Enel, Matteo Del Fante di Poste Italiane, e per ore hanno discusso di collaborazione futura. È importante? In questo momento in cui il mondo è diviso in due, e le forze dell'Occidente si coalizzano mentre l'Iran, alleato di Mosca, si avvicina alla bomba atomica con cui vuole distruggere Israele e minacciare tutto il nostro mondo e ancora l'Europa sonnecchia di fronte a questa realtà; mentre i Paesi del Patto di Abramo aprono nuovi spazi ai Paesi democratici e tecnologici compreso Israele facendo sperando nella pace anche con i palestinesi, l'Italia può assumere un ruolo importante, ovvero quello di un autentico cambiamento dell'atteggiamento dell'Ue.
Nel 2011 Netanyahu dette il benvenuto alla decisione di Berlusconi, finalmente, di dire no a una delle tante risoluzioni di condanna contro Israele dell'Onu e cercò di spostare anche l'Ue da quel «politically correct». Fu Berlusconi a inaugurare il cambiamento di un'Italia andreottiana filoaraba dai tempi della crisi energetica con un viaggio nel 2010 di cui Shimon Peres disse che «gli aveva scaldato il cuore». Ma negli anni l'atteggiamento impersonato da Federica Mogherini a suo tempo e ora da Joseph Borrell torna, alla ricerca di un'unità difficile da trovare, ad accusare Israele di violazioni continue e spesso inesistenti.
Negli anni Settanta il radicalismo terzomondista guidato da Olof Palme, Willy Brandt, Bruno Kreisky rese l'Europa sostenitrice dell'Olp, fino al silenzio sul terrorismo e i finanziamenti incontrollati; nel 1993 con gli accordi di Oslo, l'Europa ha reso il suo punto di vista su Israele dipendente da quello dei Palestinesi. Il fallimento del pacifismo per i rifiuti palestinesi è stato addossato allo Stato ebraico.
L'Europa così, mentre nei settori medici, scientifici, tecnologici, di sicurezza, ha potenti rapporti di scambio con Israele, ha adottato una narrazione ideologica flebile, che ignora la storia condannando sempre Israele. L'Italia dinamica di Meloni forse sa che per affrontare un futuro ormai incerto per tutti, segnato anche dal nuovo antisemitismo, occorre un ponte fra l'Europa e Israele.
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