Maurizio Lupi, presidente di «Noi con l'Italia», è favorevole o contrario alla nuova stretta sulle chiusure?
«Draghi aveva assicurato che il suo primo criterio sarebbe stato informare preventivamente i cittadini. L'incertezza e la mancanza di programmazione sono il danno più grande che si può fare all'economia, alle imprese, alle famiglie. Mi auguro che continui questo elemento di discontinuità».
Il lockdown nei week end è un buon compromesso?
«I lockdown generalizzati mi sembrano un'azione più reattiva che di risposta programmatica. Se abbiamo colori e fasce, piuttosto si irrigidiscano i criteri per il passaggio da una fascia all'altra. Perché la Sardegna dovrebbe sottoporsi a un lockdown? Anche davanti all'avanzare delle varianti, bisogna avere criteri oggettivi fissi. Quel che non va bene è cambiare criteri ogni giorno. Faccio un esempio estremo. Se chiudessi per quattro settimane tutta Italia riuscendo a vaccinare sessanta milioni di persone, credo che tutti sarebbero disposti ad accettare il sacrificio. Mi aspetto che il governo Draghi si caratterizzi per la concretezza del lavoro e la velocità con cui raggiunge i risultati».
È prioritario il ricorso più limitato ai Dpcm?
«Il rapporto con il Parlamento e le Regioni deve essere efficace e diretto. Se c'è un'urgenza, il decreto legge è lo strumento privilegiato, con il Dpcm per le norme attuative».
Concretezza e velocità come metodo. E i contenuti?
«Bene la riforma della Pubblica amministrazione, con criteri di meritocrazia dei quali non dubito, perché conosco Brunetta, ma nel frattempo non può aspettare a dare i ristori. I commercianti e i professionisti dicono: noi siamo quelli che pagano ogni giorno per la crisi, non abbiamo il posto garantito».
Il Piano per il Recovery fund è uno dei grandi obiettivi del governo di unità nazionale.
«Su questo mi aspetto una grande discontinuità e un'accelerazione che per il momento non si è vista. Sotto il governo Conte è stato scritto male, senza visione politica, schema di governance, priorità e visione del Paese».
La chiusura delle scuole è stata inevitabile?
«Evidentemente sì, anche se per noi è l'ultimo baluardo a dover chiudere. Capisco il problema degli assembramenti, ma è il luogo più sicuro, soprattutto per i bambini più piccoli».
Ci sono percentuali basse di vaccinazioni nelle scuole in molte regioni. A questo si aggiungono gli allarmi su AstraZeneca. La gente è impaurita. Che fare?
«È una responsabilità delle istituzioni bloccare o dare il via libera in modo chiaro. Altrimenti si capisce perché gli insegnanti non vogliono fare il vaccino AstraZeneca. Il Piano vaccinale, a cui Draghi ha impresso un'accelerazione, è la vera grande sfida per tornare alla vita normale, nella collaborazione sempre più stretta con le Regioni, con un peso sempre più grande in Europa e un utilizzo sempre maggiore della medicina territoriale».
Pensa che i medici di famiglia siano tutti disponibili ad accogliere la sfida?
«Vanno valorizzati, anche con incentivi maggiori. In Lombardia, ad esempio, sono 7mila. Quando arriveranno i nuovi vaccini che non necessitano di conservazione speciale, avremo già una rete che, con soli 20 vaccini ciascuno, ne consentirebbe 140mila al giorno».
Da ex ministro alle Infrastrutture, che cosa si aspetta sulle grandi opere?
«Un adeguamento totale alla normativa europea del Codice degli appalti, che uniforma le regole senza tentennamenti e senza aggiunte. L'ambiente è già tutelato dall'Europa, dal momento che la sfida green è alla base del Recovery fund».
Come procede il governo sulla giustizia?
«Bisogna ricordarsi che il governo Conte cade sulla giustizia.
Sono fondamentali la riforma di giustizia civile, prescrizione e Csm. Il guardasigilli Cartabia ha dato disponibilità ma bisogna accelerare. Si può pensare che il nuovo Csm, dopo che si è sollevato il coperchio, possa essere eletto con il metodo Palamara?».
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