Massimo rispetto per l'appello firmato da «Tutti i suoi cari», che affermano: «Il silenzio è la miglior cura» (frase che fa da titolo alla lettera pubblicata su Facebook).
Ieri una folla composta ha fatto la fila davanti alla camera ardente allestita nel sala consiliare del Comune di Eremo di Curtatone, il paese dove Giuseppe De Donno era nato 54 anni fa e dove, la scorsa settimana, è morto. Oggi invece i funerali religiosi si svolgeranno - speriamo con la medesima compostezza - a Modena nella basilica di Sant'Andrea.
«In questo drammatico momento - sottolineano i parenti - il silenzio sarebbe la forma più grande di rispetto e di amore per lui e tutti i suoi cari. Vi ringraziamo per tutto l'amore che viene dimostrato, ma ci sono situazioni private che non possono e non devono essere strumentalizzate».
L'appello all'oblio (nonostante la procura di Modena abbia aperto un fascicolo ipotizzando il reato di istigazione al suicidio) è comprensibile da parte dei familiari dell'ex primario di pneumologia dell'ospedale «Carlo Poma» di Mantova. Un medico che credeva fermamente nella bontà della terapia anti-Covid del «plasma iperimmune». Un medico che la settimana scorsa si è tolto la vita. Troppe bugie, troppe offese, si sono riversate come ondate di fango. Prima e dopo la sua morte. Nel mirino sono finiti i no vax (qualsiasi cosa significhi questo termine, che ormai ingloba chiunque si permetta di porre domande - comprese le più legittime - su vaccini e green pass). Precisiamo: i negazionisti che scendono in piazza con slogan aberranti sono ignoranti che si squalificano da soli; e non varrebbe la pena neppure preoccuparsi di confutare le loro tesi, tanto sono assurde e irreali. Discutere invece sull'incongruità delle scelte che da un anno e mezzo condizionano le nostre vite non solo è giusto, ma è anche utile. Questo, a suo tempo, cercò di fare il dottor De Donno, rimanendo umilmente nel rigore del proprio ambito professionale e rifuggendo riflettori che invece tanto piacciono ai virologi-star della tv. Un'attività, quella di De Donno, sempre in ossequio alle scienza e non certo in contrapposizione ad essa. La sua cura («È una vecchia terapia, non l'ho inventata io», ripeteva) - pur avendo superato i test di validazione degli enti sanitaria di controllo - voleva essere un contributo al superamento della fase emergenziale del contagio Covid. Nulla di più. Ma neppure nulla di meno.
Invece De Donno, che pur qualche buon risultato aveva ottenuto, fu schernito da quegli stessi personaggi radical-sì vax che ora accusano i loro speculari contrari no vax di voler fare di De Donno la propria icona. E allora dinanzi a tanta malafede si capisce bene come alla famiglia De Donno non sia rimasta altra strada che l'appello al «silenzio»: «Giuseppe De Donno - scrivono nel loro post - era un medico che amava la sua professione fino in fondo e che non ha mai rinnegato la scienza. Un medico stimato ed apprezzato per aver dato tutto se stesso per il bene della comunità. Era una persona gentile, con una parola di conforto al momento giusto in ogni occasione per ognuno di noi». Poi un accenno polemico: «Chi lo conosce realmente sa che nulla di ciò che in questi tristi giorni stiamo leggendo su web, social, quotidiani e striscioni appesi per la città lo rappresentano».
Il riferimento è al popolo no-vax.
Ma sarebbe giusto, per onore alla verità, estenderlo anche alla fazione opposta: cioè camici bianchi, giornalisti e blogger travestiti da opinionisti che De Donno lo hanno ridicolizzato ingiustamente.Non sapremo mai perché Giuseppe De Donno si è tolto la vita. Non ha lasciato biglietti. Forse per non lasciare rimpianti e rimorsi in chi ha dimostrato di non rispettarlo. L'ennesima prova di bontà di un grande uomo.
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