Retroscena sempre più oscuri quelli sulle coop di Latina che vedono oggi sei indagati tra cui tutta la famiglia del deputato Soumahoro. Ad aggiungersi alla lista, che vedeva indagata solo la suocera Marie Therese Mukamitsindo, sono la compagna dell'onorevole, Liliane Murekatete e i due fratelli Michel Rundo e Richard Mutangana. Un ritratto di famiglia che il Gip di Latina descrive nell'ordinanza con «elevata spregiudicatezza criminale nell'attuare un programma delinquenziale a gestione familiare». Nonostante la Murekatete si dichiari totalmente estranea ai fatti, i documenti analizzati dalla procura direbbero altro: «Se indubbiamente - scrive il giudice - Mukamitsindo ha svolto e svolge un ruolo centrale nella dinamica delittuosa, anche i figli Rokundo e Murekatete hanno offerto consapevole e attiva partecipazione». Al centro dell'inchiesta ci sono infatti altre due finte coop, la Jambo e la Murka, definite nell'ordinanza come «società schermo» e cioè esistenti solo dal punto di vista giuridico e costituite ad hoc per prestare manodopera alla Karibu «secondo collaudati schemi illegali». In pratica l'operazione consisteva nell'emissione di fatture per operazioni inesistenti al fine di giustificare le spropositate uscite di denaro che le coop della famiglia Soumahoro avevano l'obbligo di rendicontare nell'ambito dei progetti di accoglienza. Ma c'è di più: le due società create a tavolino sembrerebbero, per gli inquirenti, il veicolo per trasferire flussi di denaro all'estero. A dimostrazione ci sono le dichiarazioni di due ex dipendenti che raccontano delle due società come «satelliti della Karibu», parlando di attività e operazioni compiute dagli operatori della Murka e della Jambo che, però, non avevano alcuna struttura o bene strumentale, ma anzi i punti di riferimento erano sempre e comunque i responsabili della Karibu e in particolare Mukamitsindo. Oltre alle contestazioni fiscali alle coop di Madame Soumahoro si aggiungono gli accertamenti sulla qualità dei servizi erogati. Le verifiche ispettive hanno infatti definito queste «allarmanti» segnalando in primis il sovraffollamento degli ospiti, le carenti condizioni igieniche, l'assenza di derattizzazione e deblattizzazione e - come sottolinea sempre il gip di Latina - «genericamente la scarsità delle prestazioni fornite».
Le evoluzioni dell'inchiesta hanno portato all'emissione, da parte della Procura di Latina, di interdittive e sequestri. Nello specifico è stato applicato nei confronti del consiglio di amministrazione della Karibu, e cioè ai familiari di Soumahoro, il divieto di contrattare per un anno con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche. La somma sequestrata invece, ammonta a un totale di 650mila euro con riferimento ai reati tributari, configurati nell'erogazione di fatture per operazioni inesistenti tra il 2015 e il 2019.
A dire la sua sull'inchiesta che, giorno dopo giorno, riguarda sempre più da vicino il deputato di Verdi Sinistra, è proprio lui, nelle parole del legale difensore: «Sono profondamente amareggiato, dispiaciuto e preoccupato per l'indagine che vede coinvolta direttamente la mia compagna, che confido dimostrerà la sua innocenza». Soumahoro ha infatti rotto il silenzio difendendo la compagna, ribadendo la sua totale estraneità ai fatti e affermando che «continuerà a impegnarsi nell'attività politico-parlamentare».
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