Non c'è solo il centrosinistra tra i grandi sconfitti della tornata elettorale della scorsa domenica. Ci sono anche tutti quelli che, in un modo o nell'altro, hanno cercato - pensando di riuscirci - di influenzare l'opinione pubblica. A partire, appunto, dagli influencer. Cioè coloro i quali, tra una marchetta di mutande e lo spot di un paio di calze, con un post o una «storia» avrebbero dovuto decidere le sorti della repubblica italiana. Ecco la nuova élite digitale che imbraccia gli smartphone e - dall'alto dei propri attici - combatte un'eroica e strenua resistenza contro il nemico (cioè, giusto per capirci, il pericolosissimo elettore medio italiano). Risultati e numeri alla mano, invece, dal punto di vista politico non hanno spostato un bel niente. Facciamo un calcolo spannometrico, esaminando solamente alcuni dei personaggi pubblici che negli ultimi mesi e giorni sono scesi in campo contro il centrodestra. Partiamo ovviamente da Chiara Ferragni, regina assoluta di Instagram e paladina dei diritti Lgbtq+ che, con 27,9 milioni di follower, è in assoluto una delle personalità italiane più apprezzate sui social. Certo, lei, come il frontman dei Maneskin, è una star internazionale, quindi i suoi seguaci non sono tutti esclusivamente italiani, dunque calcoliamo per difetto. Mettendo insieme l'imprenditrice digitale e suo marito, passando per Saviano, Elodie, Francesca Michielin, Luciana Littizzetto, Damiano e una manciata di attrici, cantanti e comparse varie che hanno ritenuto opportuno denunciare il gravissimo rischio che la democrazia nostrana stava correndo, superiamo agevolmente nientepopodimeno che i 52 milioni di follower, più dell'intero corpo elettorale di tutt'Italia. Una potenza di fuoco, a livello teorico, sterminata, capace di raggiungere molti più (e)lettori di qualsivoglia media tradizionale. Non a caso si è parlato a lungo di un possibile «partito degli influencer», ipotesi più che realistica, specialmente in un Paese nel quale un movimento nato dalla rete e dal blog di un comico è riuscito a diventare il primo partito ed esprimere un presidente del Consiglio. Ipotesi che tuttavia si è schiantata contro il muro di carta delle schede elettorali. Riepiloghiamo: la maggior parte degli influencer-vip ha fatto una scelta di campo netta e ha preso posizione contro la vittoria del centrodestra. Nessuna novità, in questo i vip digitali hanno lo stesso tic dei loro predecessori analogici: pendono sempre e inesorabilmente verso sinistra e non riescono neppure a camuffare l'odio antropologico verso chi la pensa in un altro modo. Ma alla fine, quanto ha pesato questo molto ipotetico esercito da decine di milioni di follower? Molto poco, a giudicare dal risultato delle elezioni. Anzi, se l'obiettivo degli influencer chic era bloccare Giorgia Meloni, hanno ottenuto l'effetto opposto. Fratelli d'Italia, rispetto alle elezioni del 2018, ha accresciuto le proprie preferenze del 401%, cioè quasi 4,7 milioni di voti in più. E, analizzando il risultato complessivo, le schede perse dai colleghi di Lega e Forza Italia sono state comunque redistribuite all'interno della coalizione. Insomma la resistenza non è stata poi così irresistibile. Un caso di studio e quindi cediamo la parola agli esperti. «Perché gli influencer non sono riusciti a spostare voti? - si chiede sulla sua pagina Facebook Marco Camisani Calzolari, esperto e pioniere digitale, docente universitario e volto noto di Striscia la notizia -. Perché non influenzano davvero. Suscitano curiosità, che è diverso. Peraltro in molti casi sono personaggi che vivono prevalentemente sui media tradizionali. Alcuni online hanno molti fake follower. Per cui non l'audience che ci si aspetta. Senza media tradizionali, molti sarebbero dimenticati.
Chi davvero influenza una decisione, sono le persone autorevoli in quel campo. Non si influenza a caso. Non si influenza facendo le faccette sexy su Instagram». Insomma, quella degli influencer in politica, almeno per ora, era una bolla. Ed è esplosa.
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