Gli inganni della pace con i russi. Mosca pone condizioni inaccettabili

Putin cerca una tregua per aiutare l'Armata rossa ormai al collasso. Ma il suo obiettivo è prendersi tutta l'Ucraina, come ha detto Lavrov

Gli inganni della pace con i russi. Mosca pone condizioni inaccettabili

Arriva il Generale Inverno, accompagnato a vantaggio dei russi da ampia falange di droni made in Iran sì, proprio il beato Paese dove la polizia ammazza le donne che non portano il velo come si deve: chi si somiglia si piglia e torna di attualità il tema del negoziato per porre fine alla guerra in Ucraina. Per un bel pezzo nessuno potrà vincerla, sostengono osservatori occidentali benintenzionati e anche un po' cinici, tanto vale che gli ucraini colgano l'occasione offerta dal gelo incombente per cercare di portare a casa con la diplomazia almeno i territori riconquistati.

Ora, è noto che il presidente ucraino non è disposto a rinunciare a un metro quadrato di territorio nazionale, Crimea compresa. Il che complica parecchio le prospettive, visto che si negozia in due. Ma quello che ci si dimentica anche più volentieri è che l'idea che in Russia hanno delle trattative non somiglia alla nostra. Sul tema, specialmente qui in Italia, coltiviamo nobilissime illusioni. Si discetta di surreali pressioni cinesi su Putin per «costringerlo» a fermare l'invasione; dell'urgenza che Biden e i leader europei «facciano ragionare» Zelensky, ovvero lo ricattino disarmandolo per «costringerlo» a trattare con Putin; ma soprattutto di quanto sarebbe «conveniente per entrambe le parti» venire finalmente a patti in nome della sospirata pace.

Peccato che le citate pressioni non porterebbero, semmai allontanerebbero, una pace che appare «conveniente» e «sospirata» forse a noi, stanchi come siamo di bollette in impennata e di inflazione al galoppo, ma certo non a chi sta combattendo a seconda dei casi per la libertà o per la riconquista di una colonia: entrambe le parti in confitto avrebbero solo da perdere se si fermassero per davvero adesso. Putin gradirebbe una tregua invernale per rappezzare le sue disastrate forze armate, ma una tregua non va confusa con la pace: il suo obiettivo è andare fino in fondo e prendersi tutta l'Ucraina, non solo qualche pezzetto gentilmente concessogli dal nemico. Chi scommette sulla diplomazia glissa su due punti essenziali: Mosca ripete che il negoziato deve aver luogo alle sue condizioni e che «gli obiettivi dell'operazione speciale militare saranno tutti conseguiti». I realisti à la Kissinger bollano come estremisti irrilevanti quei personaggi che in Russia (ultimo, due giorni fa, il deputato putiniano Piotr Tolstoi) minacciano di ridurre l'Ucraina in macerie e i suoi abitanti al gelo permanente, e ci assicurano che a Putin conviene trattare e a noi gettargli qualche osso (ucraino) per tenerlo buono. Poi però arriva (ieri) il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov e spazza via gli equivoci sui famosi obiettivi da conseguire: «Liberare l'Ucraina dai suoi attuali governanti neonazisti», cioè avanti con le cannonate.

Come la mettiamo? Ingannare noi stessi non è una buona politica. I russi con cui si crede di discutere non sono solo questi inventori di giustificazioni grottesche per fare la guerra, ma soprattutto sono coloro che pongono condizioni inaccettabili per farla finire: ciò che è nostro (e che legalmente tra l'altro non lo è) non si discute, ciò che è degli ucraini invece si discute con la nostra pistola alla tempia dei «neonazisti».

È il metodo Hitler, cui nel 1938-39 l'Occidente concesse di tutto in cambio della pace ottenendo in cambio l'invasione della Polonia e la seconda guerra mondiale. Lavrov abbaia ai neonazisti ma parla come Ribbentrop e ci conviene prenderne atto.

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