Gentiloni e Padoan avevano detto che avrebbero valutato un rinvio del Def, solo nel caso in cui dalle consultazioni fosse emersa una maggioranza. Ieri il premier Paolo Gentiloni ha iniziato a sondare i presidenti di Camera e Senato e i leader dei principali partiti per posticipare di qualche giorno l'approvazione del Documento di economia e finanza.
Al massimo due o tre settimane. Tempo sufficiente, a giudizio di Palazzo Chigi, per valutare se in Parlamento ci sarà una maggioranza in grado di esprimere un governo. In questo caso se ne occuperà un nuovo esecutivo. Ma se le trattative non dovessero portare a niente, allora Gentiloni sarà pronto per approvare il documento e inviarlo a Bruxelles.
A concedere ufficiosamente il rinvio nei giorni immediatamente successivi alle elezioni era stata la Commissione europea, sulla base di precedenti simili negli altri stati membri. Ma anche per non accelerare artificiosamente le trattative per il nuovo governo dopo il voto che ha premiato proprio le forze politiche euro scettiche.
Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan avrebbe preferito percorrere un altra strada, anche questa approvata da Bruxelles: fare approvare entro il termine del 10 aprile una parte del documento. Quella che contiene le previsioni sulla crescita del Pil e sui principali indicatori dei conti pubblici, a legislazione invariata. Poi lasciare il quadro normativo, quello dove si pesano gli effetti finanziari delle politiche che verranno adottate con la legge di Bilancio per il 2019, al prossimo esecutivo.
Il presidente del Consiglio aveva già fatto capire di preferire un rinvio di tutto il documento. Il quadro tendenziale, cioè la versione Light del Def che Padoan avrebbe voluto comunque scrivere, contiene delle cifre che sono tutt'altro che neutre. Ad esempio si danno per acquisiti gli aumenti dell'Iva in programma per il 2019.
La prossima sessione di bilancio sarà difficilissima. Tre giorni fa la notizia che Eurostat intende conteggiare nel deficit del 2017 il costo del salvataggio delle banche venete. Anche se ieri l'Upb, l'Ufficio parlamentare di Bilancio che è generalmente in linea con le indicazioni che arrivano dalla Commissione europea, ha precisato che si tratta di una misura una tantum e che quindi non inciderà sul deficit strutturale.
Un aspetto della vicenda che ha colto anche l'esponente di Forza Italia Renato Brunetta, secondo il quale, se verranno recuperati i crediti deteriorati delle banche «ogni euro di miglioramento potrà essere iscritto a conto economico come sopravvenienza attiva e per pari importo accantonato al fondo di ristoro degli azionisti, oggi di appena 100 milioni».
Il rinvio del Def è uno scenario probabile anche perché la vera scadenza per inviare il documento alla Commissione europea è la fine di aprile.
Se lo compilerà il governo in carica per gli affari correnti, conterrà solo le previsioni a legislazione immutata. Ma diventerà difficilissimo evitare l'aumento dell'Iva.
Se sarà un nuovo governo, dovrà comunque farsi carico di trovare 30 miliardi per rispettare i patti europei e non fare aumentare ulteriormente le tasse. Una prospettiva che i partiti vincitori delle elezioni conoscono benissimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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