La panchina di Conte scotta. Ma non stiamo parlando di calcio. Il Conte in difficoltà è Giuseppe, non Antonio. Insomma, siamo nel campo della politica. Con un M5s che sembrava un monolite e invece è tornato a fibrillare come non accadeva da anni. Quel che è certo è che l'ex premier, per rimanere in sella, dovrà concedere qualcosa. Scendere a patti. Stretto tra il rinnovato attivismo di Beppe Grillo e il pressing dei parlamentari, che minacciano di sabotarlo senza il via libera al terzo mandato. E quindi un colpo al cerchio e uno alla botte. Una concessione a Grillo e una agli eletti. Nella war room di Conte immaginano una strategia basata su due perni. E dunque: derogare alla regola del doppio mandato per placare gli eletti e aprire a una leadership più collegiale per blandire il fondatore. Conte sente il fiato sul collo di Grillo e teme un intervento a gamba tesa del guru. Contestualmente crede di poter dire la sua in una ipotetica resa dei conti con il comico. Scenario comunque da evitare, se possibile. Da qui l'ipotesi di un direttorio da affiancare dall'avvocato. Uno scenario anticipato l'11 giugno scorso da Il Giornale. Indiscrezioni che si sono fatte ancora più concrete nelle ultime ore, dopo l'incontro di sabato tra Grillo e Virginia Raggi. Un'ora di faccia a faccia con l'ex sindaca di Roma, che negli ultimi mesi è diventata la «protetta» del Garante.
Proprio Raggi potrebbe entrare nel direttorio, da variare in autunno dopo l'assemblea costituente del M5s. Con la pupilla di Grillo sarebbero rappresentate un po' tutte le correnti che si agitano sottotraccia. C'è Chiara Appendino, tra le meno ostili a Conte, su cui pende la sentenza di Cassazione per la tragedia di Piazza San Carlo a Torino, prevista per oggi. In caso di condanna Appendino sarebbe automaticamente fuori gioco, sia come potenziale alternativa a Conte sia come componente del direttorio. E poi ci sono quelli che si apprestano a guidare la fronda per il terzo mandato, ovvero Stefano Patuanelli e Roberto Fico. Con loro una big rimasta fuori come Paola Taverna.
Fuori dal M5s scalpita Alessandro Di Battista, che dialoga con Raggi, pronto a rientrare in campo se si sfarinasse la leadership di Conte. A settembre, con l'assemblea costituente, tutti i nodi verranno al pettine. E non è detto che Conte riesca a tenere insieme tante spinte contrapposte. Per rimanere in corsa bisogna mediare tra chi vuole lo stop ai due mandati e chi no. Ma anche tra chi crede che la relazione con il Pd sia «tossica» e chi è convinto che non ci siano alternative al dialogo con Elly Schlein. Alla prima corrente di pensiero appartiene Raggi e pure Grillo potrebbe spingere per un ritorno alle origini. A quel punto si aprirebbero le porte a molti ex grillini.
E Davide Casaleggio cosa farebbe? Conte non chiude alle alleanze, ma con i suoi continua a ripetere: «Noi non saremo mai gli junior partner del Pd». E però l'ex premier domani sarà in piazza con i dem contro autonomia e premierato, per la prima manifestazione unitaria delle opposizioni. Sempre con un piede in due scarpe. Fino alla resa dei conti nel M5s.
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