Giulia Bongiorno, 57 anni, è una delle più apprezzate avvocate italiane. È diventata celebre sbaragliando le procure che accusavano Giulio Andreotti. Ora è senatrice, eletta con la Lega, ed è presidente della commissione giustizia.
Sulla base delle denunce che c'erano state contro l'assassino di Sharon esistevano le condizioni per fare scattare il Codice Rosso. Cosa non ha funzionato?
«I familiari del presunto colpevole hanno dichiarato di aver presentato tre denunce. È essenziale, dopo le denunce, un'immediata e adeguata valutazione dei casi. Da quel che leggo, sarebbe stata applicata solo la misura dell'allontanamento da casa».
Quindi lo reputa un errore?
«Non conoscendo il caso, la prudenza è indispensabile. Ma va detto che le personalità violente tendono a reiterare i propri gesti, con il rischio di escalation. Nei casi di violenza, troppo spesso le misure cautelari come l'allontanamento e il divieto di avvicinamento sono del tutto inutili».
Una sua dichiarazione: Le leggi ci sono ma vengono applicate male. Troppo spesso accade questo. Come si può intervenire?
«È un problema molto serio, sul quale insisto da tempo. Non posso dimenticare che poco dopo l'entrata in vigore del Codice Rosso da me firmato, che impone all'autorità giudiziaria di accelerare le procedure, da più parti arrivarono lamentele perché l'aumento delle denunce aveva causato un intasamento degli uffici giudiziari. Come se si stesse parlando di un accumulo di residui nello scolo di un lavello, anziché di donne che chiedono aiuto per uscire dalla violenza. È un successo del Codice Rosso aiutare le donne a denunciare, ed è un dovere aiutarle tempestivamente. Anche se questo richiede maggiore impegno da parte di tutti».
Troppi femminicidi e troppo spesso le vittime avevano denunciato
«Anche la migliore delle leggi è inefficace se non viene applicata nel modo giusto. Non sempre, purtroppo, il termine fissato dal Codice Rosso viene rispettato e questo aumenta il rischio di violenze ulteriori. Ecco perché è nata una nuova legge volta a rafforzare il Codice Rosso: adesso, se una donna che denuncia una violenza non viene ascoltata entro tre giorni dall'avvio del procedimento, il Procuratore Capo potrà assegnare il fascicolo a un altro pm o occuparsi direttamente del caso. Se questa ulteriore stretta si rivelasse inefficace, potrebbe essere utile un sistema specifico di sanzioni contro le inerzie colpevoli. Ma è assurdo che il Parlamento sia costretto a fare leggi per garantire l'applicazione di leggi in vigore!».
Altro tema: i minori violenti. Perché ha proposto di abbassare la soglia di imputabilità?
«Oggi i minori maturano molto più in fretta: internet e i social sono strumento di conoscenze e informazioni che prima si acquisivano a un'età più avanzata. Le norme devono seguire l'evoluzione dei fenomeni sociali».
Quali possono essere le conseguenze dell'invasività della rete nella vita dei giovanissimi?
«C'è il dato, drammatico, dei giochi violenti e delle sfide mortali proposti in rete, da cui sono derivate nuove forme di aggressività e autolesionismo. È compito sia dello Stato sia delle famiglie vigilare su queste realtà, secondo i rispettivi ruoli e competenze. Non voglio demonizzare internet, ma non è da trascurare da un lato l'aggressività, dall'altro la depressione, generata dall'impossibilità di aderire a modelli, fasulli, di successo, ricchezza, bellezza. Quanto alla pornografia, veicola un'immagine distorta del sesso, che genera ansia, insicurezza, e un'idea del corpo femminile come carne sulla quale sfogare gli istinti più bestiali, magari facendo passare in modo più o meno velato il concetto che la violenza potrebbe anche essere gradita, dunque legittima».
Che senso ha la richiesta di arresto per Laudati e Striano avanzata dalla Procura di Perugia?
«Non entro nel merito del caso, posso solo sottolineare che da alcuni anni cresce in modo esponenziale il numero degli accessi abusivi. Chi ha l'enorme potere di accedere a banche dati deve imparare a considerare che la disponibilità di accedere non equivale al diritto di farlo per qualsiasi scopo. Serve massimo rigore. Ma, ripeto, non mi riferisco al caso specifico».
Cosa pensa delle voci di inchieste giudiziarie contro Arianna Meloni?
«Mi ha colpito che molti si siano scandalizzati di fronte alle parole del premier, che ha ritenuto verosimile l'esistenza di un sistema di potere che usa ogni metodo pur di sconfiggere un nemico politico. Io credo nell'onestà intellettuale della stragrande maggioranza dei magistrati, ma nessuna categoria è esente da mele marce, nemmeno la magistratura. Chi sostiene il contrario dimentica non solo quanto emerso dal libro di Palamara, ma anche dalle sue chat con i colleghi; in particolare, mi riferisco a quando Palamara scriveva a un altro magistrato che bisognava attaccare Salvini, anche se era convinto che la sua politica contro l'immigrazione fosse corretta. A me quelle frasi son rimaste impresse nella memoria, e spero non soltanto a me».
La giustizia così non funziona. In che direzione va riformata?
«Molte leggi sono state approvate. Altre di rango costituzionale avranno un percorso più lungo. Credo che una riforma del Csm che elimini le degenerazioni del correntismo e assicuri un'effettiva indipendenza dei magistrati da ogni potere e condizionamento possa avere un impatto importante sui cittadini. La magistratura può e deve recuperare una credibilità offuscata dagli ultimi scandali e i cittadini potranno essere più sereni».
I magistrati fanno fronte contro la riforma. È giusto così?
«Non è vero che i magistrati sono tutti schierati contro una riforma incisiva che valorizzi il merito dei singoli e depotenzi le correnti.
Tantissimi di loro lavorano silenziosamente, giorno e notte; magistrati di grande valore che magari non hanno avuto un incarico perché non appartengono a nessuna corrente. Se dovessero cominciare a pensare che vivere onestamente è inutile, sarebbe la morte della giustizia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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