"Inutile tortura in cella. Mi chiederanno scusa"

Mantovani ai domiciliari intervistato da Lettera43: "Se andrò a processo nuova sconfitta della giustizia"

"Inutile tortura in cella. Mi chiederanno scusa"

«Ho subito un'inutile tortura di 42 giorni. Ma presto in molti dovranno chiedermi scusa». Mario Mantovani, ex vicepresidente della Regione Lombardia, concede la prima intervista dopo aver lasciato il carcere di San Vittore per i domiciliari lo scorso 23 novembre. Lo fa con il giornale online Lettera 43, con cui parla a lungo dell'esperienza in prigione e della lotta per dimostrare la propria innocenza.«Dopo 42 giorni (l'ex senatore azzurro era stato arrestato il 13 ottobre, ndr) sono l'uomo di prima - dice Mantovani -. La stessa persona che all'alba di un mattino di ottobre, senza un avviso di garanzia e senza mai essere stato sentito da un magistrato, venne prelevato dalla propria casa, tra lo sgomento e il pianto dei propri familiari, per essere incarcerato». Dopo quel giorno ci sono stati gli interrogatori in carcere per le accuse di concussione, corruzione e turbativa d'asta. Le prime pagine sui giornali ma anche le tante visite in cella e le dimostrazioni di solidarietà. L'ex numero due di Roberto Maroni al Pirellone non ha un ricordo solo negativo della prigionia: «Anche a San Vittore mi sono comportato da politico, ho cercato di dare risposte».Dopo i giorni difficili Mantovani è ottimista sugli sviluppi dell'inchiesta a suo carico. «Oso sperare che si riesca ad archiviare il caso già in udienza preliminare», dichiara. E se ci fosse il processo? «Sarebbe un'altra sconfitta per la giustizia - risponde dalla casa di Arconate -. Più leggo le carte e più mi rendo conto che non vi è traccia di concussione, né di corruzione, né tantomeno di turbativa d'asta». È nato anche un blog, mantovanionesto.it, dove, spiega l'ex assessore alla Sanità, vengono «smontati uno per uno gli argomenti dell'accusa in modo preciso e circostanziato».L'arresto del politico di Forza Italia era arrivato dopo che gli inquirenti avevano tenuto in stand by la richiesta per ben 13 mesi.

Nell'intervista si affronta il punto dolente: il carcere preventivo. «Una inutile tortura di 42 giorni - la definisce il diretto interessato - che in una società che si possa definire legittimamente civile dovrebbe essere considerata inaccettabile». A maggior ragione, continua Mantovani, perché «le informazioni e le segnalazioni dei delatori e dei nemici politici possono essere state interpretate in modo non corrispondente alla realtà». L'ex senatore parla espressamente di «odio dei nemici politici». Il giornalista di Lettera 43 chiede delle persone conosciute a San Vittore e delle richieste d'aiuto ricevute. «Mi sono comportato nel modo in cui da sempre faccio politica», risponde Mantovani. Che spiega: «È nella mia natura ascoltare, cercare di dare risposte concrete a chi si rivolge a me con fiducia». Qualche esempio: «È stato naturale mettermi a disposizione di tutti: dal giovane che non sa tradurre le carte di giustizia che lo riguardano, al padre che pensa ai suoi tre figli a casa con la moglie che non lavora e che deve pagare l'affitto, al detenuto che non ha famiglia, avvocato e neppure soldi». Poi il commento su quella che il pm ha definito «pletora» di politici che sono andati a fargli visita: «Rappresentanti del popolo di ogni colore politico. E questo la dice lunga sul fatto di chiamar loro pletora».

L'ex vicepresidente lombardo ricorda il coraggio della famiglia, le visite dei colleghi e i messaggi di sostegno di amici, collaboratori, elettori. E conclude con una previsione: «Scommettiamo che molto presto in tanti dovranno chiedermi scusa?».

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