Inutili ma innocui: Putin salva i suoi. "Abbiamo evitato una guerra civile"

A Mosca e dintorni gli amanti dei complotti ne sono certi

Inutili ma innocui: Putin salva i suoi. "Abbiamo evitato una guerra civile"
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A Mosca e dintorni gli amanti dei complotti ne sono certi. Vladimir Vladimirovich avrebbe usato le ore tra venerdì e sabato per capire chi gli era vicino e chi era pronto a saltare sul carro di Evgenij Prigozhin e della Wagner. E così da domenica si moltiplicano le scommesse sui nuovi pretoriani pronti a sostituire presunti traditori ed inetti condannati alla rottamazione. Il più coriaceo degli inetti sembra, per ora, il ministro della difesa Sergei Shoigu. Lo «sciamano», come lo chiamano gli avversari alludendo ai riti ancestrali della catena siberiana dell'Altai da cui proviene, sembra pronto a cavarsela anche stavolta. A farlo capire è il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko spiegando che Prigozhin ha rinunciato alla richiesta di «far cacciare lui e il capo di stato maggiore Valery Gherasimov». Un passo indietro non da poco. La rimozione di Shoigu sembrava infatti la condizione sine qua non richiesta per interrompere la cosiddetta «marcia della giustizia». Ma evidentemente Prigozhin non è più in grado di rivendicare nulla.

E così, ieri, mentre lui volava verso l'esilio di Minsk, l'immarcescibile Shoigu partecipava alla seconda riunione con il presidente in meno di 24 ore. Un bis che ha il sapore della redenzione. Anche perché Putin ha fatto di tutto per santificare quelle forze armate apparse nel momento del bisogno lontane, lente ed inefficienti. A dar retta al presidente le armate di Shoigu hanno impedito, invece, la guerra civile. E consapevoli del rischio d'offrire un vantaggio al nemico non hanno mosso «una sola unità» dalle zone di combattimento. «Non sappiamo cosa ne sarebbe stato del Paese - ha detto Putin - ma di certo molti risultati sarebbero andati perduti». In tutto ciò il regalo più evidente a Shoigu è stato l'elenco di soldi e armi trasferiti alla Wagner e al suo capo. «Vorrei tutti sapessero che il sostegno della Wagner è sempre stato a carico dello stato», ha detto Putin ricordando gli 86 miliardi di rubli (918 milioni di Euro) destinati all'unità tra il 2022 e il 2023 e gli 80 miliardi di rubli (850 milioni di euro) incassati dal suo capo. Una stoccata trasformatasi in un'assoluzione di quel Shoigu accusato da Prigozhin delle peggiori ruberie. «Spero - ha concluso Putin alludendo al capo della Wagner - che nessuno abbia rubato nulla. O almeno non troppo».

La caduta di Prigozhin e la redenzione di Shoigu rallentano, invece, la marcia del governatore di Tula Aleksey Dyumin, un ex-capo della guardie del corpo di Putin prima e delle Forze Speciali poi, dato tra i favoriti per la poltrona della Difesa. Gli ottimi rapporti tra Dyumin e i militari farebbero temere a Putin un ripetersi della vicenda Prigozhin spingendolo a tenersi l'inutile, ma innocuo Shoigu. Tra chi sgomita per ritagliarsi un posto al sole c'è anche Viktor V. Zolotov, il capo di quella Guardia Nazionale che Putin non ha mancato di elogiare nei suoi discorsi di ieri. Reduce - al pari di Dyumin - da una carriera da capo guardia del corpo del presidente - Zolotov ha raccontato di aver trascorso le ore della ribellione in costante contatto con il Cremlino e di aver ordinato alle sue truppe di combattere fino alla morte per Vladimir Putin. Una solenne auto-glorificazione al termine della quale ha chiesto armi pesanti e carri armati. In tutto ciò Putin non sembra certo propenso a cambiare gli uomini su cui si regge la stabilità del suo regno. Non a caso le inchieste su Prigozhin sono state affidate all'Fsb di Alexander Bortnikov e il primo a contemplare il rischio di un legame tra Prigozhin e gli Usa è stato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov. Insomma squadra che sopravvive non si cambia.

Tra i comprimari esterni resta ben saldo anche il presidente Lukashensko che ieri con le sue dichiarazioni ha fatto da cornice al Putin «vittorioso».

«La situazione ci è sfuggita di mano, poi abbiamo pensato che si sarebbe risolta, ma non è stato così», ha dichiarato Lukashenko spiegando «il dolore di assistere» all'ammutinamento di Wagner durante il fine settimana. Un dolore che Mosca ha prontamente trasferito all'interno dei suoi confini.

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