"Invecchiare? È solo un peso" .A 104 anni chiede l'eutanasia

Lo scienziato non è malato ma ha scelto la morte: "Mi spiace aver vissuto così tanto". Stanco di essere anziano

"Invecchiare? È solo un peso" .A 104 anni chiede l'eutanasia

Who wants to live forever? Si chiedevano i Queen in una delle loro più celebri canzoni: chi vuole vivere per sempre? A dire il vero, per quanto io ami Freddie Mercury, non l'ho mai capita, cioè mi viene da rispondere: ma chiunque vuole vivere per sempre, siete scemi? Mi è sempre sembrata la consolazione di chi, dovendo morire, si convince che in fondo è bene così, tanto non ci si può fare niente.

Era la colonna sonora dei film Highlander, dove c'era una setta di immortali che ci uccidevano l'un l'altro (decapitandosi, unico modo di farsi fuori) e il premio finale, per l'ultimo rimasto, era di poter invecchiare come tutti gli altri. Bel premio, invecchiare. Chi vuole vivere per sempre? La maggior parte delle religioni si reggono proprio perché promettono la vita eterna, anzi, il paradosso massimo: la vita dopo la morte. Muori, ma poi rivivi. Non si sa dove né come, ma vivrai per sempre. In cielo, dicono. Tipo vicino a Plutone, o su Proxima Centauri.

Ma forse avevano ragione in Queen. Per esempio David Goodall, uno scienziato australiano di 104 anni, ha scelto l'eutanasia, pur non avendo nessuna malattia. È sano come un pesce ma è stanco di vivere. C'è da capirlo, dopo un secolo forse ti rompi le palle. Senza contare che gran parte dei suoi cari saranno morti da tempo, come succedeva anche in Highlander, la tragedia degli immortali: vivevano per sempre, ma senza affetti, gli altri morivano, e cosa te ne fai di un'eternità se sei solo?

«Mi dispiace profondamente di aver raggiunto la mia età», ha detto Gondall il giorno del suo centoduesimo compleanno. «Non sono felice, voglio morire, non è particolarmente triste. La cosa triste è evitare di farlo, la mia sensazione è che una persona anziana come me deve poter beneficiare dei suoi pieni diritti come cittadino, incluso il diritto al suicidio assistito».

Ha ragione, e svela anche la tragedia della vita, che non è solo quella di morire giovani, ma anche di vivere troppo a lungo da vecchi. Sentiamo dire che la vita comincia a quarant'anni (dai quarantenni), la vita comincia a cinquant'anni (dai cinquantenni), la vita comincia sessant'anni (dai sessantenni) e così via, balle. Il problema è che, arrivati a metà della vita, l'altra metà della vita non è uguale a quella che hai vissuto, è peggio, quando non molto peggio. Come minimo passi da un ospedale all'altro, tra un controllo e l'altro, mentre aumentano acciacchi e medicine. Io sono così terrorizzato della vecchiaia che a cinquant'anni voglio consegnare subito la prostata, per non pensarci più.

Senza contare la noia. Jonathan Swift nel suo grande romanzo I viaggi di Gulliver porta il suo protagonista a incontrare un popolo di immortali, gli Struldbruggs. «Arrivano alla soglia dei sessant'anni con la terribile prospettiva di non morire mai. Le loro uniche passioni sono l'invidia per i vizi dei giovani e per la morte dei vecchi. I meno sciagurati sono quelli che rimbambiscono e perdono del tutto la memoria. Un che di spettrale si impossessa di loro e aumenta con gli anni».

Intanto la scienza ci consola dicendo che grazie alle nuove cure e ai progressi della medicina andiamo verso una società di centenari. Ma l'elisir di lunga vita non sarà quello dell'eterna giovinezza: non possiamo fare nulla sul nostro cervello. Il professor Mauro Giacca, per esempio, insigne biologo molecolare, ci informa che oggi in Europa una persona su tre che ha superato gli ottant'anni è un demente, e prevede: «Avremo una società in cui i due terzi saranno persone fisicamente perfette, sanissime, ma dal punto di vista cerebrale saranno dei dementi, dei decerebrati».

Ecco, Gondall vuole morire perché non ce la fa più. Sarà pieno di acciacchi, sarà annoiato, sarà quello che volete, ma in fondo non è ancora così rincoglionito dal voler vivere per sempre. Non si è stancato della vita, si è stancato della vecchiaia.

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