"Io, barbiere di Montanelli Lui mi insegnò ad ascoltare"

Il libro «Le mani tra i capelli» di Vincenzo Russo pieno di aneddoti: «Mi regalò una macchina da scrivere gialla»

"Io, barbiere di Montanelli Lui mi insegnò ad ascoltare"

I fratellini Moratti seduti sul seggiolone a forma di cavallo del negozio di corso Vittorio Emanuele, Indro Montanelli impettito sulla sua poltrona nello studio di via Gaetano Negri numero 4, Giovanni Spadolini nel negozio di Santa Maria Segreta.

Cosa hanno in comune questi personaggi? Una mantella bianca da barbiere legata intorno al collo, e i loro capelli caddero sotto le forbici di Vincenzo Russo, Figaro di qualità mondiale, avendo vinto il campionato del mondo per l'acconciatura maschile, che dagli anni '60 si è preso cura della forma di molte teste importanti di Milano, arrivando da Cerignola in Puglia.

«Quando avevo il negozio in via Gaetano Negri 10, al piano terra, Indro Montanelli non veniva mai, voleva che fossi io ad andare da lui. Erano gli anni difficili delle contestazioni politiche e temeva che potessimo essere in pericolo. Invece, quando aprii in Santa Maria Segreta, al primo piano, arrivava ogni settimana e si faceva fare le mani, i piedi e altre applicazioni di estetica e di relax». Forse i giornalisti, sia quelli del Giornale che quelli del Corriere della Sera, sono stati i più affezionati clienti di Vincenzo Russo, che è uscito con un libro, «Le mani tra i capelli. E un taglio scolpito a rasoio per la vittoria mondiale» (Ed. Insieme), un'edizione con racconti, brevi aneddoti e molte fotografie. Scrive Vincenzo Russo: «Conoscevo il Figaro Liso di fama. L'8 gennaio 1958 iniziai la mia esperienza nel più bel salone di parrucchiere al mondo. Eravamo in venti lavoranti: quattro manicure, un pedicure, un lustrascarpe e il nostro massaggiatore Doria, che annoverava tra i suoi clienti il pugile Duilio Loi, Scortichini e tanti altri. Tra i clienti si alternavano Leopoldo Pirelli, Angelo Moratti, Allodi, Giorgio Falk, Angelo Vicari, l'allora prefetto di Milano».

Sono 173 pagine con immagini di molte attestazioni, compreso l'Ambrogino d'Oro. «Ho un rammarico - dice Russo -. Per molto tempo Paolo Granzotto cercò di convincermi a scrivere un volume di ricordi. Non mi decidevo mai. Mi spiace che il libro sia uscito adesso che lui non c'è più. Dei giornalisti ho ricordi molto interessati, vivi, soprattutto di Montanelli. Conservo sempre due doni che mi fece: una macchina da scrivere gialla e un suo bastone da passeggio». Un tempo teneva in una valigia tutti gli articoli che gli avevano dedicato, ma una mareggiata in Puglia, sua terra d'origine, glieli ha portati via, lasciandogli un grande vuoto. Tutta la vita di via Negri è finita in fondo al mare, come i relitti esistiti un tempo, quando la vita di tanta gente andava a gonfie vele, e ora riposano insieme alle persone che se ne sono andate.

«Montanelli parlava molto poco. Un giorno incontrò mio padre, che faceva il contadino. Gli prese le mani, forti, nodose, piene di calli, e disse che quelle erano mani che avevano lavorato, non le nostre. Quando gli tagliavo i capelli mi diceva: cerca sempre di parlare il meno possibile. Ascolta, e poi quando hai ascoltato, conta fino a tre e continua a fare silenzio, perché chi parla non impara, impara solo chi ascolta. Mi ricordo che Spadolini andava a trovarlo il sabato pomeriggio. Una volta Spadolini mi chiese di candidarmi ma gli risposi negativamente.

Non ho mai pensato di fare politica, ho sempre amato il mio mestiere e adesso che ho ottant'anni, non avendo più un negozio mio, passo il tempo in quello di mio figlio Raffaele, in via Meda, perché l'aria del negozio continua ad essere il mio profumo preferito».

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