Il Giornale ha intervistato Marcos Rey, il giornalista spagnolo autore dello scoop sui finanziamenti illeciti della dittatura venezuelana al M5s, querelato da Davide Casaleggio oltre un anno fa.
Sorpreso per la denuncia?
«No, perché quando ci sono in ballo grandi temi che colpiscono la politica nazionale di un paese poi uno sa che la chance di denuncia è alta».
Come va il processo?
«In realtà ci sono due processi. Uno contro di me in sede penale e un altro civile, contro il quotidiano spagnolo ABC per cui ho pubblicato lo scoop nel giugno 2020 e contro di me».
Quali gli obiettivi di Casaleggio?
In generale chi denuncia tenta di spaventare il giornalista per far sì che fermi le sue indagini. Altro obiettivo è minare psicologicamente il reporter affinché lasci l'inchiesta. Non è il mio caso visto che continuo a investigare sul tema. Terzo obiettivo è quello familiare, ovvero per il ricordo del padre morto. Ma questa è una questione personale in cui io non entro perché, a mio giudizio, la partecipazione illecita del finanziamento del M5s ha un'implicazione politica chiara. Per me si tratta di un tema professionale, poi succede che nel documento pubblicato sia citato Casaleggio padre che però a me interessa solo come cofondatore del M5s.
Chi ti ha passato il documento?
«Non Carvajal. Non lo posso rivelare perché la mia fonte rischierebbe la vita. Voglio però chiarire che Carvajal davanti al giudice spagnolo ha confermato tutto».
Come nasce la tua inchiesta?
«Sto investigando sul tema da 2017. Da allora ho intessuto rapporti con fonti di vari Paesi Venezuela ma anche Svizzera, Andorra, Stati Uniti, Spagna, Italia anche perché la corruzione del chavismo è transnazionale. Quando hai una bella rete di contatti alla fine ti arrivano anche i documenti e quello in questione mi è stato passato a fine gennaio 2020. Dopo ho fatto sei mesi di verifiche. Crimi, Di Maio, Grillo ed il console Di Martino sono stati da me contattati più volte prima della pubblicazione ma non hanno mai risposto».
Eppure Di Maio ha detto che è una fake news adducendo che il cavallo del timbro del documento era girato a destra e che il nome del ministero non era cambiato. Come replica?
«Nel memorandum consegnato alla procura di Milano ho spiegato tutta la polemica dei timbri e del cambio del nome del ministero sulla carta intestata. Un memorandum ampio e scientifico. Se però vuole sintetizzo con una battuta: il Venezuela è un paese dove non si getta nulla, neanche la carta».
«Il Pollo» ha confermato tutto ai giudici di Madrid. Lei crede che Carvajal abbia consegnato a loro altri documenti sul finanziamento ai 5 Stelle?
«Non lo so. Molte fonti dicono di sì ma io non ho pubblicato nulla perché prima di scrivere devo verificare al 100%. Tengo però a sottolineare come i soldi uscissero dalla statale petrolifera PDVSA, una sorta di carburante ideologico, per essere poi distribuiti dai ministeri degli Interni e degli Esteri, all'epoca con a capo Maduro. Il caso coinvolge Carvajal perché la valigetta contenente i 3,5 milioni di euro fu scoperta da un funzionario di Milano all'oscuro di tutto. Fu coinvolta l'intelligence di Chávez, che nella persona del Pollo rispose per iscritto dicendo che era tutto nella norma».
Quanti soldi sono arrivati dal regime ai partiti amici della dittatura?
«A detta di Carvajal ai giudici spagnoli negli ultimi 15 anni c'è stato un flusso costante ma mi è impossibile quantificare. Solo per l'Argentina il Pollo ha dettagliato 21 milioni di dollari. Carvajal ha chiesto 10 giorni fa di portare in aula testimoni segreti e protetti che si situavano molto in alto nella catena chavista del potere. So chi sono e confermerebbero lo schema delle valigette diplomatiche e delle società di facciata per erogare denari ai partiti amici».
Quando sarà estradato il Pollo negli Usa?
«In Spagna c'è una lotta evidente tra il sistema giudiziario, che lo vuole continuare ad interrogare e l'esecutivo di Sánchez, che invece lo vuole estradare subito perché Podemos, accusato di ricevere i
finanziamenti, è al governo coi socialisti. E poi ci sono le rogatorie di altri Paesi, come Argentina ed Italia, a cui se ne aggiungeranno altri ancora, che vogliono interrogare il Pollo. Questo potrebbe ritardare l'estradizione».
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