Matteo Salvini di nuovo al ministero degli Interni? È possibile, almeno è quello che il segretario della Lega spera di ottenere nel 2025. È questo uno dei suoi buoni propositi per l'anno che verrà. Un ritorno al passato, alle origini. D'altronde, la prima volta non si scorda mai. È lui stesso ad ammetterlo ad un gruppo di cronisti «assetati» di notizie che lo attende fuori dal suo ufficio romano in Piazza San Luigi dei Francesi, a qualche metro dal Senato dove è in corso la votazione per la manovra di bilancio. Sorride il capitano (come lo chiamano i suoi) quando più di un collega chiede con insistenza «ma è vero quello che si dice da giorni, che vuole tornare al Viminale?». «Il ministro dell'Interno l'ho fatto e penso discretamente. Sicuramente aver occupato il ministero dell'Interno con risultati positivi è qualcosa che ricordo con estrema gioia ed estremo orgoglio» risponde Matteo Salvini. Giacca blu, l'immancabile spilla dorata di Alberto da Giussano e cravatta della Lega, ma non quella verde usata nella prima Repubblica. La versione 2.0, quella salviniana. È felice il vicepremier e ministro (attualmente) dei Trasporti e delle Infrastrutture, e non solo per aver portato a casa la finanziaria. In ballo c'è di più, c'è il rimpasto. Anche se da Palazzo Chigi frenano «nessun rimpasto all'ordine del giorno». Ad esporsi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari intercettato tra i corridoi damascati di Palazzo Madama. «Al momento non se ne è mai parlato» - ha detto il braccio destro di Giorgia Meloni, che ha anche aggiunto - «si può parlare di tutto, veramente non c'è preclusione su nulla». Una dichiarazione che smentisce di fatto anche le ricostruzioni di questi giorni che parlano di un accordo siglato tra alleati all'inizio della legislatura per impedire ai ministri di ricoprire incarichi già svolti in passato. Una sorta di super clausola che pare, però, non essere mai stata «firmata» dai leader del centrodestra. «Salvini all'Interno farebbe sicuramente molto bene, ma a oggi non c'è un'esigenza di rimpasto» ha detto Fazzolari. A parlare di rimpasto, però, sono i leghisti. A mettere la pulce nell'orecchio ai cronisti ci ha pensato Claudio Borghi che ha parlato di turnover, di un cambio di poltrone. «Sono cose che rinvigoriscono l'azione di governo» ha detto Borghi. E così la notizia ha fatto il giro dei palazzi, alimentando il gossip, fino a ieri quando Salvini ha ammesso che ne «ragionerà con Giorgia». L'assoluzione piena per non aver commesso il fatto dopo l'accusa di sequestro di persona ai danni di 147 immigrati recuperati a largo della Libia dalla Ong spagnola Open Arms gli ridà speranza anzi, per usare le parole dello stesso Salvini «toglie le scuse, soprattutto alla sinistra» che diceva «Salvini non può occuparsi di immigrazione e sicurezza perché è sotto processo». Tornare al Viminale significherebbe anche recuperare consenso, meglio occuparsi di sicurezza e immigrazione che di cantieri e treni (quasi sempre in ritardo, e non per causa sua). I tempi per raccogliere i frutti del lavoro al ministero delle Infrastrutture sono lunghi, meglio al Viminale. Risposte rapide ed efficaci ai problemi quotidiani degli italiani lo aiuterebbero ad affrontare le prossime sfide elettorali. Temi più vicini a Salvini e alle sue idee.
«Ho tante cose da portare avanti al ministero dove sono, però sicuramente occuparsi della sicurezza degli italiani è qualcosa di bello e di importante» ha aggiunto Salvini che si affida al «buon Dio» mentre studia le prossime mosse per tornare sulla sua vecchia poltrona.
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