Violenza senza fine e processi iniqui. Il regime in Iran risponde alle manifestazioni con tutta la sua brutalità. E ora anche l'ex calciatore iraniano Amir Nasr-Azadani, 26 anni, è stato condannato a morte per aver preso parte alle proteste. Il capo del tribunale di Isfahan, Asadollah Jafari, ha dichiarato che l'ex calciatore delle squadre Sepahan e Tractor è «uno dei 9 imputati nel caso in cui tre agenti di sicurezza sono stati martirizzati durante i disordini del 25 novembre». Amir Nasr-Azadani, arrestato il 27 novembre, è accusato di «tradimento» per essere un membro di un «gruppo armato e organizzato che opera con l'intenzione di colpire la Repubblica islamica dell'Iran». Tra le altre accuse, il tribunale contesta al giovane atleta «l'appartenenza a bande illegali che operano con l'intento di colpire la sicurezza del paese», ossia «assistenza in guerra». Alcuni ex atleti e calciatori iraniani, tra cui Ali Karimi e Mehdi Mahdavikia, hanno chiesto il rilascio di Amir Nasr Azadani. Ora anche l'attore teatrale Hossein Mohammadi, anch'egli 26 anni, è stato condannato a morte dalla magistratura iraniana. Ma ci sono segnali contraddittori. Perché l'agente Mohammad Reza Qonbartalib, che ha sporto denuncia nel caso di Mahan Sedarat Madani, ha annunciato su Twitter la «sospensione e il rinvio» dell'esecuzione della condanna a morte per il giovane, che sembrava essere imminente. La magistratura iraniana però non ha confermato la sospensione della pena.
Ma la raffica di condanne a morte non ferma la rivoluzione. Anche ieri sono andate avanti per tutta la tarda serata manifestazioni per protestare contro l'esecuzione di Mohsen Shekari, annunciata lo scorso 8 dicembre. Nella capitale Teheran, ma anche a Qazvin, Tabriz, Karaj, Roudsar e Isfahan si sono svolte proteste e veglie a lume di candela in onore di Shekari. Poi gli scontri. Le forze di sicurezza hanno attaccato i manifestanti, questi ultimi hanno intonato slogan come «Morte a Khamenei», «Morte ai Basij» - la forza paramilitare - e «Morte al regime, assassino di bambini».
E le proteste contro gli Ayatollah travalicano anche i confini dell'Iran. Un gruppo di manifestanti iraniani si è riunito fuori dalla residenza dell'ambasciatore permanente dell'Iran presso le Nazioni Unite, Saeid Iravani, per contestare la condotta del regime. Una foto diffusa in rete mostra della vernice rossa lanciata contro l'ingresso della residenza e la scritta «Stop executions» (Fine alle esecuzioni).
Le notizie cattive non finiscono qui. Perché le proteste, gli scioperi, la repressione del governo e l'isolamento internazionale hanno anche un impatto sull'economia. Il rial iraniano ha toccato sabato un nuovo minimo storico rispetto al dollaro. E continua a salire il numero delle vittime di questa tragedia. Secondo l'organizzazione Iran Human Rights, con sede a Oslo, la repressione ha provocato la morte di 458 persone, tra cui più di 60 bambini.
Ma in Iran anche i processi sono iniqui, sono negati i diritti di difesa, la presunzione di innocenza, il diritto di rimanere in silenzio e avere un processo giusto e pubblico. Numerosi imputati sono stati torturati e le confessioni estorte con la violenza. Le Tv di stato hanno mandato in onda confessioni forzate di almeno nove imputati, prima dei loro processi. E Amnesty International ha saputo che tre minorenni sono sotto processo in tribunali per adulti, in violazione della Convenzione dei diritti dell'infanzia, che l'Iran ha ratificato. Ma la lotta per libertà non si placa.
L'agenzia di stampa Hrana ha pubblicato un rapporto dettagliato degli 82 giorni di manifestazioni in Iran: ci sono state 544 proteste di piazza in 160 città del Paese e gli studenti hanno tenuto 615 manifestazioni in 143 università.
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