Al peggio, è vero, non c'è mai limite. Ma una vergogna o, meglio, una simile presa per i fondelli era difficile aspettarsela. Quando nel suo discorso all'Unione di mercoledì scorso la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato la volonta di riformare il Trattato di Dublino Il Giornale è stato fra i primi ad avanzare più di un dubbio spiegando perché, quella si sarebbe rivelata una falsa promessa. Ma ora la realtà supera l'immaginazione. Le prime indiscrezioni sulla bozza di riforma del trattato, la cui presentazione ufficiale è prevista per mercoledì prossimo, fanno pensare a un progetto identico all'originale. E addirittura peggiore rispetto alla proposta di riforma avanzata dall'ex-presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e bocciata, nel 2018, dall'Italia e da altri sei paesi. Per molti versi la nuova bozza rafforza, invece di cancellare, le clausole del famigerato articolo 13 del Trattato di Dublino in base al quale la responsabilità dell'asilo viene imposta al primo paese in cui il migrante mette piede. Per l'Italia, quell'articolo è da sempre una trappola senza via d'uscite. La grande maggioranza dei disperati in arrivo sulle nostre coste sono infatti migranti economici privi dei requisiti per l'asilo. Una realtà ben evidenziata dai dati del 2019 quando - secondo la Fondazione Ismu (Istituto studi sulla Multietnicità) - oltre 25mila ovvero il 65% delle 39mila richieste d'asilo è stata respinta. Come dire che quei 25mila resteranno per sempre a nostro carico vista l'estrema difficoltà di procedere a dei rimpatri nei paesi d'origine. E in caso d'approvazione della riforma annunciata dalla von der Leyen la situazione non migliorerà. Anzi potrebbe addirittura peggiorare. Stando a quanto si è capito Bruxelles punta a dispiegare il proprio personale nei porti d'arrivo per decidere immediatamente chi ha diritto all'asilo e chi è invece irregolare e quindi destinato a restare a nostro carico fino a quando non troveremo un modo per sbarazzarsene. L'unica magra consolazione prevista dalla bozza di riforma sarebbe a quel punto il rimborso delle spese sostenute per l'accoglienza degli aventi diritto all'asilo. Scomparirebbe definitivamente, invece, l'ipotetica possibilità di ripartizione dei nuovi arrivati - anche irregolari - che il ministro degli Interni Luciana Lamorgese si vantò di aver strappato a Germania e Francia durante il vertice di Malta di un anno fa. Quell'ipotesi non si è, in verità, mai realizzata visto che ad oggi la Germania e gli altri partner europei si sono ripresi appena 426 dei quasi 28mila migranti sbarcati nel frattempo in Italia. La definitiva marcia indietro fa però ben capire come il nostro governo si sia dimostrato anche stavolta incapace di far sentire la sua voce. Del resto nella bozza di riforma non compare neppure una delle esigenze emerse con più evidenza in questi anni ovvero la necessità di identificare la nazione di primo arrivo anche sulla base della bandiera battuta dalla nave responsabile del salvataggio dei migranti.
Quel principio, peraltro perfettamente in linea con il diritto marittimo internazionale, è l'unico in grado di garantire che i migranti non finiscano solo e soltanto nei nostri porti, ma anche in quelli da cui partono le navi delle Ong battenti bandiera spagnola, tedesca e francese.
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