La facoltà del Parlamento di «fare un tagliando» alla nostra legge sulla cittadinanza non è in discussione. Ma la convinzione di Matteo Piantedosi (nella foto) è chiara: l'Italia è di gran lunga che già oggi concede in Europa il maggior numero di cittadinanze e bisogna guadare più all'integrazione di chi è sul nostro territorio piuttosto che allagare ulteriormente le maglie con lo ius scholae. Il ministro dell'Interno interviene al Meeting di Rimini e non si sottrae a un ragionamento ad ampio spettro sullo ius scholae. «Se questa discussione sulla cittadinanza serve ad aggiornare il panorama delle valutazioni sui processi di integrazione che sono dietro l'istituto della cittadinanza va benissimo. Io però credo che serva una discussione scevra da condizionamenti ideali o addirittura ideologici, alla luce di dati concreti, realistici per aiutarci a fare qualcosa di mirato per le esigenze di massima integrazione». Il ministro dell'Interno, per illustrare il suo pensiero, evoca una immagine di integrazione positiva di cui si è tanto parlato in queste settimane. «Tutta la discussione è partita da quello che abbiamo visto alle Olimpiadi. La cosa più bella è non solo vedere tutta la composizione multiculturale e multietnica di una squadra nazionale ma anche il modo in cui si fa festa insieme, si canta l'inno nazionale».
C'è un dato che Piantedosi ci tiene a portare all'attenzione pubblica. «La nostra legislazione è quella che concede il maggior numero di cittadinanze in tutta Europa. I dati sono pubblici sono su Eurostat. Nella sequenza decennale siamo il Paese al primo posto in termini assoluti che diventano un numero ancora più importante se lo si rapporta al numero della popolazione residente complessiva e ancora più al numero dei cittadini stranieri residenti. In alcuni casi arriviamo in quest'ultimo calcolo a quasi il doppio rispetto a paesi importanti come Germania o Francia».
Inoltre «pochi dicono che all'articolo 4 della legge c'è uno spunto di ius soli visto che chi è nato in Italia al compimento del 18esimo anno di età può richiedere la cittadinanza. E non è vero che le condizioni siano stringenti, visto che le istruzioni date alle prefetture sul periodo continuativo di permanenza non sono rigide. Inoltre nella valutazione entra anche il completamento del ciclo scolastico che quindi già oggi viene considerato. Questo è un dato di fatto».Il dato a cui fa riferimento Piantedosi è quello delle nuove cittadinanze concesse che nel 2022 ha visto l'Italia primeggiare con 213.700 nuovi cittadini seguita dalla Spagna con 181.600, dalla Germania con 166.600, dalla Francia con 114.500 e dalla Svezia con 92.200. Peraltro tra coloro che hanno acquisito la cittadinanza il 26 per cento sono ragazzi di età tra 0 e 14 anni. Se si considera anche la fascia di età 15-19 anni, si arriva a comprendere il 37% di tutte le acquisizioni. Con una postilla: già oggi gli ufficiali di stato civile sono tenuti al compimento del diciottesimo anno di età a comunicare all'interessato la possibilità di fare richiesta di cittadinanza. Una scelta legislativa che punta a facilitare l'ottenimento della cittadinanza dei neo-diciottenni.
C'è un altro aspetto che viene preso in considerazione dal Viminale. Qualora il minore acquisisse la cittadinanza grazie allo ius scholae, diventerebbe impossibile espellere i genitori e i fratelli con lui conviventi.
Inoltre bisogna mettere in conto che a differenza del ricongiungimento familiare tra cittadini extracomunitari, la procedura prevista per il ricongiungimento con un cittadino italiano è molto più semplice e rapida. Una serie di implicazioni che vanno dunque valutate dal punto di vista dell'impatto sociale. Per queste ragioni, il ministro esclude qualsiasi apertura all'ipotesi Ius scholae.
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