Lo ius soli piace solo a un italiano su 4

Tra i più critici i giovani e chi vive nel Nord-Ovest

Lo ius soli piace solo a un italiano su 4

La scorsa settimana gli svizzeri hanno approvato la possibilità di concedere la cittadinanza del proprio Paese agli immigrati della terza generazione. Per la verità, non a seguito di una maggioranza plebiscitaria (si è espresso a favore il 60% del 46% che ha partecipato al voto) e con il mantenimento di regole piuttosto stringenti: si deve essere nati in Svizzera e avervi frequentato la scuola, uno dei nonni deve avere vissuto in quel Paese e uno dei genitori deve esservi andato a scuola. Ma si sancisce in ogni caso la possibilità di concedere la cittadinanza agli immigrati, sovvertendo così un atteggiamento negativo che aveva caratterizzato la Confederazione Elvetica per un lungo periodo.

Nel nostro Paese, come si sa, la questione è in discussione da tempo. L'idea è quella di concedere anche da noi agli immigrati la cittadinanza, con modalità però meno restrittive e adottando il principio già a partire dalla seconda generazione.

Il tema è naturalmente assai delicato. E suscita nell'opinione pubblica diversi e contrastanti atteggiamenti. Che vanno inquadrati nella crescita di ostilità e di scetticismo verso l'accoglienza degli immigrati che, diversamente da qualche anno fa, caratterizza i cittadini del nostro Paese: solo un italiano su quattro è d'accordo con l'idea di accoglierli tutti e, dall'altra parte una percentuale maggiore (33%) afferma che bisogna respingerli tutti. La maggioranza relativa (39%) è su una posizione intermedia, che propone di accettare solo una parte degli immigrati, con quote prefissate.

È in questo contesto che va considerata la distribuzione delle opinioni sulla concessione della cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati nel nostro Paese. Solo una minoranza (15%, con una accentuazione tra i pensionati) si dichiara contraria pregiudizialmente. Maggiore (25%), ma anch'essa minoritaria (con una particolare accentuazione, però, tra chi è in possesso di laurea ed esercita professioni più remunerative) è la percentuale di chi, all'estremo opposto, sostiene l'attribuzione automatica della nazionalità a chiunque sia nato in Italia (ius soli). Assai più frequente è l'orientamento di chi subordina la concessione della cittadinanza ad un periodo consistente di soggiorno regolare in Italia dei genitori. Si tende, in altre parole, a legare la possibilità di divenire italiani non solo al fatto di essere nati nella nostra penisola, ma anche, soprattutto, di risiedere stabilmente nel Paese e, dunque, di avere avuto l'opportunità di essersi davvero integrati da noi. È significativo rilevare che questa posizione ha visto un notevole accrescimento di consensi nel tempo: a fronte del 40% che raccoglieva nell'ottobre del 2015, essa fa rilevare nel sondaggio condotto nei giorni scorsi (dall'Istituto Eumetra Monterosa, intervistando un campione rappresentativo dei residenti in Italia con più di 17 anni di età) il 51%, dunque la maggioranza assoluta.

Assumono questo orientamento in particolare i più giovani, sotto i 24 anni di età (che risultano assai critici, invece, verso lo ius soli in senso stretto) e i residenti nelle regioni del Nord Ovest. Inoltre, appaiono maggiormente convinti dell'opportunità di legare la concessione della cittadinanza ai figli di immigrati alla permanenza regolare in Italia dei genitori, gli elettori del M5S (che sono infatti mediamente più giovani del resto dell'elettorato ed esprimono questo parere al 56%). Sul fronte opposto, tra i votanti per Forza Italia si registra una significativa accentuazione di chi è in assoluto contrario a riconoscere la nazionalità italiana ai figli degli immigrati (è su questa posizione il 23%, a fronte del 15% del campione nel suo insieme), mentre tra gli elettori Pd emerge un maggior favore relativo all'applicazione automatica e senza condizioni dello ius soli.

Insomma, gli italiani (intervistati) appaiono prudenti.

Essi sono in maggioranza favorevoli alla concessione della cittadinanza ai figli di immigrati, ma pongono alcune restrizioni, sebbene meno severe di quelle adottate dalla vicina Svizzera. Insistendo soprattutto sul fatto che i giovani nati nel nostro Paese debbano essere inseriti in famiglie integrate nella nostra società.

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