Dopo i procedimenti penali falliti contro Donald Trump, e in vista del ritorno del tycoon alla Casa Bianca lunedì prossimo, il procuratore speciale Jack Smith si fa da parte e lascia il dipartimento di Giustizia. Le sue dimissioni non sono una mossa inattesa, con la vittoria del repubblicano alle elezioni di novembre e l'archiviazione dei due casi federali per il suo ruolo nell'insurrezione del 6 gennaio 2021 e i documenti classificati portati a Mar-a-Lago, ma ha comunque un forte valore simbolico. Anche perché arriva in mezzo a una disputa legale sulla pubblicazione del rapporto con le prove raccolte per dimostrare che Trump ha cospirato per sovvertire le elezioni del 2020.
Nei giorni scorsi la Corte d'appello dell'11mo Circuito ha spianato la strada alla diffusione del dossier, ma i tempi non sono ancora noti. E Trump ha scritto una lettera al ministro della Giustizia di Joe Biden, Merrick Garland, chiedendo che sia impedita a Smith la pubblicazione prima del giorno dell'insediamento. «Il procuratore speciale ha completato il suo lavoro presentando il rapporto finale riservato il 7 gennaio, e ha lasciato il dipartimento il 10 gennaio», hanno fatto sapere i funzionari nel fascicolo. «Quel degenerato di Jack Smith è stato licenziato dal Dipartimento di Giustizia. È una vergogna per se stesso, la sua famiglia e il suo Paese. Dopo aver speso oltre 100.000.000 dollari nella caccia alle streghe contro Trump, ha lasciato la città a mani vuote», ha scritto il presidente eletto, sostenendo che Smith è stato «licenziato» dal dipartimento. Quando il procuratore speciale è stato incaricato nel novembre 2022 da Garland di indagare su The Donald, ha dovuto lasciare l'incarico di procuratore capo della Corte penale internazionale dell'Aia, dove dalla metà del 2017 indagava sui crimini di guerra in Kosovo (e ha ottenuto la condanna di Salih Mustafa, ex comandante dell'Esercito di liberazione del Paese, che dirigeva una prigione in cui venivano torturati i detenuti). Abituato a casi di una certa gravità, prima della Cpi aveva lavorato per lungo tempo al dipartimento di Giustizia alla guida della divisione incaricata di inchieste su politici e figure pubbliche accusate di corruzione. In questi anni, tuttavia, ha subito attacchi di ogni tipo da parte di Trump, che lo ha spesso definito «squilibrato», e aveva già promesso che lo avrebbe licenziato immediatamente dopo l'arrivo nello Studio Ovale il 20 gennaio. Oltre a suggerire che potrebbe avviare una ritorsione contro lui e altri che lo hanno indagato, una volta tornato in carica.
Dopo il trionfo del tycoon alle presidenziali e la sentenza sull'immunità della Corte Suprema, Smith ha deciso di archiviare i casi, a poche ore di distanza uno dall'altro. E in questi giorni va in scena l'ultimo capitolo, quello appunto della pubblicazione del suo rapporto relativo alle indagini sul tentativo di Trump di sovvertire le elezioni. Garland vuole renderlo pubblico, gli avvocati del 47esimo comandante in capo sostengono che potrebbe essere dannoso alle sue funzioni.
Con l'annuncio delle sue dimissioni, arrivato in una nota a piè di pagina nel fascicolo sul completamento del dossier, tuttavia, Smith ha chiesto alla giudice distrettuale degli Stati Uniti Aileen Cannon di revocare l'ordine del tribunale che è stato emesso per bloccare la pubblicazione del suo rapporto finale.
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