Per molti è un dio del rap. Per molti altri Kanye West è soprattutto un buffone. E la situazione non cambierà dopo l'annuncio che ha fatto via Twitter: «Adesso dobbiamo concretizzare la promessa dell'America credendo in Dio, unificando la nostra visione e costruendo il nostro futuro. Mi candiderò come presidente degli Stati Uniti». Visto il tipo, specializzato in annunci e disannunci, non si sa se sia uno scherzo oppure no. Però in pochi minuti lui ha incassato il sostegno della moglie Kim Kardashian, che è famosa per essere famosa, e di Elon Musk, famoso fondatore di Tesla e Space X che di recente ha subito lo scacco di uscire dalla top ten dei più ricchi del mondo: il suo patrimonio è infatti di «soli» 53,4 miliardi di dollari contro i 171,6 di Jeff Bezos di Amazon. In ogni caso, quisquilie economiche a parte, l'endorsement di Musk alla candidatura di Kanye West ha scatenato l'iradiddio sui social con la prevedibile e strabordante percentuale di pernacchie a schiacciare i consensi sempre più timidi e timorosi. A lasciare perplessi quasi tutti è che il rapper supporta apertamente Trump, cosa più unica che rara nel mondo della musica. Come si sa, il 99,9 per cento di chi fa rap è apertamente schierato contro The Donald (in privato non si sa, ma fa niente) e quindi un rapper nero di Atlanta che lo sostiene è un caso più unico che raro. Nel 2016, senza fare una piega, si è presentato alla Casa Bianca per manifestare tutto il suo appoggio al presidente appena entrato in carica. Aveva persino il cappellino con lo slogan della campagna elettorale: «Make America great again». Per capirci, l'effetto sull'opinione pubblica americana è stato, mutantis mutandis, come se Saviano partecipasse a un raduno di Fratelli d'Italia. Perciò adesso molti sono disorientati per questa candidatura, che potrebbe essere dannosa per Trump come quella di Ralph Nader per Al Gore, che perse la presidenza a causa del 3 per cento ottenuto da leader del partito verde. Di certo, dopo l'appoggio a Trump, Kanye West, che ha 43 anni, non le ha mandate a dire a nessuno. Posizioni chiare. Spesso contraddittorie. Sempre chiacchierate. Il top l'ha raggiunto quando all'informatissimo sito Tmz (quello che diede per primo la notizia della morte di Michael Jackson) disse che la schiavitù degli afroamericani era «una scelta». Se avete seguito le vicende legate all'orrendo omicidio di George Floyd e alle proteste del movimento «Black lives matter», potete capire l'impatto di una affermazione del genere. Ma Kanye West tira dritto, almeno all'apparenza. Figlio di un ex Black Panther e di una professoressa, si è costruito passo dopo passo seguendo alla lettera il percorso dell'american dream. Diventa produttore della casa discografica Roc-A-Fella Records, firma il disco The blueprint di Jay-Z e si scopre ricchissimo. Dal 2004 è diventato artista solista e, bisogna dirlo, ha portato il rap a un livello superiore, affrontando nei suoi testi temi complessi come la famiglia, il consumismo, la religione, gli scontri razziali e l'educazione da dare ai ragazzi.
Insomma, Kanye West distrugge i luoghi comuni.
Ed è popolarissimo, al punto che la foto del matrimonio con Kim Kardashian (al Forte Belvedere di Firenze nel 2014) è stata la più cliccata dell'anno nel mondo. Se decidesse davvero di candidarsi, sarebbe l'outsider che spariglia le carte. Se fosse l'ennesimo scherzo, il suo tweet pro Trump risulterebbe «solo» un colossale spot per il suo disco (peraltro di prossima uscita).
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