La coperta è corta, soprattutto da quando si è aperto il nuovo fronte tra Kursk, Belgorod e Bryansk. L'attacco fulminante degli ucraini oltre confine costringe Putin a rifare i conti, e a spostare le armate impegnate tra Donbass e Zaporizhzhia verso la vasta area interna controllata da Kiev, che ieri con le sue brigate (a bordo di blindati Nato) bussa alle porte di Apanasivka e Holgovka, 20 km oltre Sudzha.
Il ministero della Difesa di Mosca ha dovuto richiamare i soldati di leva, venendo meno alla promessa fatta di non utilizzarli in prima linea. Una trincea considerevole è stata scavata nella campagna vicino alla città di Selektsionnyi, a circa 45 km dal confine. Facendo due calcoli, l'Ucraina ha dispiegato nell'incipit della sua «campagna russa» circa 6mila uomini, anche se 2mila sono rientrati ieri a difendere il Sumy passando dal check point di Lyubimovka. I russi hanno provato a resistere con ciò che in quel momento avevano a disposizione, non più di 1.500 soldati, ottenendo il supporto delle armate Achmat di Khadirov (hanno in ostaggio una ventina di soldati di Kiev), che il 6 agosto si erano fatte sorprendere all'altezza del valico di Loknya. Sono arrivati venerdì a dar man forte anche i mercenari ex Wagner di rientro da Mali, Niger e Burkina Faso, ma non basta ancora.
Gli analisti fanno sapere che per cacciare le brigate ucraine dal territorio di casa i russi dovranno disporre di almeno 20mila uomini, contro i 5mila presenti domenica.
L'incursione ucraina, assieme alla priorità di Mosca di mantenere il ritmo delle operazioni offensive nel Donetsk, metteranno a dura prova le rimanenti riserve operative e incideranno poco alla volta sulla capacità della Russia di sostenere operazioni offensive coerenti in tutti i campi di battaglia. È fisiologico che diminuiranno le attività di terra nei settori meno prioritari del fronte. Per Gerasimov è necessario allentare la pressione su Kherson e Zaporizhzhia, con il rischio che le truppe ucraine possano raggiungere più facilmente, la Crimea. Il capo di Stato Maggiore russo si gioca carriera, e forse persino la vita, con le prossime scelte. Sono decisioni che vanno prese in maniera celere, anche perché gli ucraini stanno facendo quello che vogliono nel Kursk, e imprigionano almeno 150 soldati russi al giorno. Ieri l'aeronautica militare ha colpito un altro ponte sul fiume Seim, a Zvannoye, dopo aver distrutto quello di Hlushkovo, appena 3 giorni fa. In entrambi i casi il danneggiamento delle infrastrutture rallenta la messa in sicurezza dei civili, ma soprattutto costringe i russi a trovare percorsi alternativi per arrivare nelle regioni occidentali, concedendo un prezioso vantaggio temporale alle armate di Syrsky.
Grandi manovre sono in corso anche all'altezza di un altro confine, quello che separa l'Ucraina dalla Bielorussia. Dopo 907 giorni di combattimenti gli scenari si sono ribaltati: se fino all'altro ieri era Kiev a temere un'invasione delle truppe di Lukashenko nel Rivne, oggi è il presidente bielorusso (che starebbe preparando il Paese alle sue dimissioni) a preoccuparsi per i soldati ucraini dislocati lungo il confine. Ieri ha ordinato al suo capo di stato Maggiore, Pavel Muraveiko, di schierare 120mila uomini a Gomel e Mazyr.
Sul campo le forze ucraine hanno sventato all'alba un attacco missilistico diretto contro la capitale. Razzi balistici KN-23, di fabbricazione nordcoreana, esplosi dal Mar Nero, sono stati neutralizzati all'altezza di Obuchiv, a circa 50 km a sud di Kiev. Lo Stato Maggiore ucraino ha effettuato nella notte un attacco all'impianto Kavkaz nel Rostov.
L'hub immagazzinava petrolio e prodotti petroliferi per carri armati e veicoli blindati. Le truppe russe hanno bombardato Myrnohrad (Donetsk), uccidendo 2 civili, e rivendicano il controllo di Svyrydonivka, a 17 km da Pokrovsk.
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