La novità che il presidente ucraino Zelensky aveva promesso riguardo il proprio esercito è di fatto duplice. Da una parte, Kiev diventerà il primo Paese al mondo a disporre di una propria flotta di droni marittimi fondamentali, come già si è visto più volte, per colpire la flotta russa. Dall'altra, c'è il via libera americano per la produzione in Ucraina di un arsenale di difesa. Due novità che forse non saranno decisive nell'immediato del conflitto ma potrebbero comunque rappresentare una svolta.
Al Forum internazionale delle industrie della difesa che si è tenuto a Kiev, Zelensky ha ringraziato ancora i partner occidentali per il sostegno militare ma ha spiegato che per vincere la guerra serve un'industria locale degli armamenti. «Il mondo vede di cosa sono capaci i missili ucraini, le nostre tecnologie, i droni ucraini. Stiamo creando la prima flotta al mondo di droni navali, che privano le navi da guerra russe di senso e le fanno nascondere», ha detto. «L'eroismo da solo non può intercettare i missili. L'Ucraina ha bisogno di capacità, alta qualità, alta quantità e rapidità. Non c'è difesa senza industria», ha confermato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in videocollegamento.
«Annunciamo la creazione dell'Alleanza delle industrie della difesa - ha aggiunto il presidente ucraino - Possono aderire i produttori di armi e attrezzature militari di tutto il mondo che condividono la nostra intenzione di fornire una reale protezione dalle aggressioni». «La produzione propria di difesa è un passo importante verso la vittoria», ha confermato il consigliere presidenziale Andry Yermak.
A Kiev resta comunque il forte sostegno dell'Occidente. Ieri l'alto rappresentante Ue per la Politica estera Josep Borrell è stato a Odessa, nella notte vittima di un attacco russo, «per ribadire il sostegno militare, economico, politico e diplomatico dell'Ue per arrivare ad una pace ma che sia giusta e che rispetti l'integrità e l'indipendenza dell'Ucraina». Ma i timori per un estensione del conflitto restano, a prescindere dal fronte balcanico. L'altra notte nove droni sono caduti sul porto del Danubio uccidendo persone, distruggendo scorte di grano e danneggiando l'infrastruttura portuale utilizzata dopo il blocco dell'accordo sul grano da parte di Mosca. E ieri la Romania ha denunciato una possibile violazione del suo spazio aereo durante gli attacchi dei droni russi alle infrastrutture della vicina Ucraina. Il ministero della Difesa di Bucarest, spiega che i residenti delle municipalità di Tulcea e Galati sono stati allertati dopo che «il sistema di sorveglianza radar ha indicato un possibile ingresso non autorizzato nello spazio aereo nazionale», anche se finora nessun oggetto sembra essere caduto in territorio rumeno. Nelle zone portuali sono stati costruiti rifugi per la cittadinanza.
Nel frattempo Putin, come sempre, tira dritto e ieri ha celebrato «il Giorno della riunificazione» delle regioni del Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, annesse alla Russia dopo i referendum farsa. «Un anno fa ha avuto luogo un evento decisivo, veramente storico e fatidico: l'ammissione di quattro nuovi soggetti della Federazione alla Russia. Milioni di residenti delle regioni hanno fatto la loro scelta: stare con la loro patria», ha detto lo Zar.
Peggio riesce a fare il suo braccio destro Dimitri Medvedev che dice «l'operazione militare speciale continuerà fino alla completa distruzione del regime nazista di Kiev e alla liberazione dei territori nativi russi dal nemico», con la solita narrazione a cui ormai non credono nemmeno al Cremlino.
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