Tutti lo considerano un mostro e lui non dorme e non mangia da tre giorni. È pentito Andrea Leombruni, indagato per l'uccisione dell'orsa Amarena. A San Benedetto, Abruzzo, la sua famiglia è sottoscorta e la sua casa controllata a vista per paura di ritorsioni da parte degli animalisti. Accorato il suo mea culpa: «Ho capito di aver sbagliato subito dopo aver esploso il colpo e infatti ho chiamato io i carabinieri - ammette - Non vivo più, ricevo in continuazione telefonate di morte, messaggi. Hanno perfino chiamato mia madre 85enne, tutta la mia famiglia è sotto una gogna». «Non è giusta questa violenza e questo martirio che ci stanno facendo, - commenta la moglie di Leombruni - c'è la Procura che indaga, sono loro i titolati a farlo, a giudicare, noi sicuramente saremo puniti e ripeto giustamente, ma perché dobbiamo vivere sotto scorta? Perché dobbiamo aver paura di vivere?».
Il clima di tensione a San Benedetto dei Marsi è palpabile, non solo per le ronde e per la scorta dei carabinieri. Ma anche per il giallo del murales: era spuntato a poca distanza da casa dell'uomo che ha sparato ad Amarena con il ritratto di un cacciatore che spara e la scritta 'giustizia', ma nel primo pomeriggio è stato cancellato con una vernice rossa. Intanto alcuni uomini girano di ronda vicino l'abitazione dell'indagato: «Siamo qui per proteggere una brava persona - quando i carabinieri che presiedono la casa di Leombruni, dopo le minacce di morte, li fermano per identificarli - doveva esserci una manifestazione siamo preoccupati». Si riferiscono al sit in richiesto da alcuni animalisti, cancellato dopo che il sindaco Antonio Cerasani li ha sentiti al telefono invitandoli a spostarla poiché ancora ci sono dei cuccioli di orso in giro per la città. Gran parte dei bar sono chiusi per ferie. La gente del posto ribadisce: «È una brava persona, ha sicuramente sbagliato ma basta con la persecuzione e l'istigazione all'odio - dichiara un parente - Qui non siamo pro o contro un orso, qui noi stiamo parlando di un padre di famiglia, un lavoratore che non esce di casa da giorni e sta come uno straccio buttato a letto, che riceve quotidianamente minacce di morte; questo murales è una vergogna spero lo rimuovano subito».
Intanto i due cuccioli sono ancora soli forse senza cibo e senza acqua da più di 48 ore, nel mentre poco più giù della casa dell'indagato, centinaia di
braccianti iniziano a raccogliere le patate della piana del Fucino. Alla luce della vicenda, Michela Vittoria Brambilla, presidente Leidaa, chiede di inasprire le pene, tanto più se l'animale non mostra segni di aggressività.
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