Immaginatevi di essere un agente immobiliare, costretto a stare a casa per il coronavirus per un paio di mesi. Arriva finalmente la benedetta "fase 2" e scoprite che il premier Giuseppe Conte ha dato il via libera alla riapertura delle vostre imprese. Vivaddio, si ricomincia. Ma visto che scrivere dei Dpcm comprensibili sembra più difficile di scalare l’'Everest, ovviamente non è ben chiaro come si debba ripartire in sicurezza. Così vi affidate alle Faq sul sito del governo, nuova forma del diritto in questi mesi d'imperante burocrazia, e scoprire che sì: potete tirar su la serranda agli uffici, ma vi è impedito di andare a visitare le case se sono abitate. Tradotto: siete un mediatore immobiliare, dovete vendere o affittare appartamenti, ma non potete portare i clienti a vedere l’immobile. Quindi o si acquista a scatola chiusa, o non se ne fa nulla. Molto più probabile la seconda opzione.
Questa irrazionale interpretazione del Dpcm del 26 aprile è caduta come un mattone (il termine calza a pennello) sul groppone di Luca Grisanti, che oltre ad essere agente immobiliare s’è pure prestato alla politica, diventando sindaco di Campagnatico, piccolo centro nella Maremma toscana. “È una cosa senza senso”, dice al Giornale.it. Eppure la risposta data da Palazzo Chigi al quesito di FIMAA parla chiaro: “Le visite degli agenti immobiliari con i clienti presso le abitazioni da locale o acquistare potranno avere luogo solo quando queste siano disabitate”. Dunque di nuova costruzione o abbandonate, che rappresentano solo una piccola fetta di un mercato già claudicante.
Per questo il sindaco ha preso carta e penna e ha scritto una lunga lettera rivolta al premier. "Caro Presidente Conte - si legge - chi le scrive è il sindaco di un piccolo comune della Maremma, ma anche un imprenditore di una categoria, quella degli agenti immobiliari, che con questa crisi sta morendo". Grisanti vive la doppia veste di chi deve "dare risposte" alle "grida di allarme" della propria comunità e quella di chi "sta vedendo la sua attività andare in difficoltà dovendo avere bisogno di quell'aiuto che ad oggi non c'è".Le critiche sono a tutto tondo. A partire dal fatto che se si vogliono aiutare le famiglie "non si può agire con i prestiti" quando servirebbe "dare soldi veri". Fino alla presa di coscienza che non si possono “far elaborare proposte, o peggio, dare risposte agli imprenditori da 450 esperti, che sicuramente saranno preparatissimi sul piano teorico, ma che sembrano vivere fuori dalla realtà, dal mondo che viviamo tutti noi cittadini ogni giorno". "Caro Presidente, sa cosa ci hanno risposto a noi agenti immobiliari? - dice Grisanti - Che possiamo accompagnare i nostri clienti a visitare le case da acquistare o da locare, solo se sono disabitate! Si rende conto che si tratta di una risposta che non ha senso? Perché se io chiedo a chi le abita di uscire per consentire la visita non sarebbe la stessa cosa? Per gli esperti, evidentemente no".
Grisanti è un sindaco civico, di fede leghista. Ma non si rivolge al premier con tono polemico. Non ne chiede le dimissioni, anzi. "Per superare questo difficile momento - dice - lei deve aiutarci, deve ascoltarci!”. La domanda rivolta a Palazzo Chigi è semplice: "Possibile che, memori di un glorioso passato, in questa Italia contemporanea non sia possibile far lavorare chi ne ha voglia, ma soprattutto assoluta necessità?". "Caro Presidente Conte - conclude la missiva - si metta nei nostri panni ed agisca di conseguenza. Perché se non ragioniamo di una ricostruzione vera, questo Paese ne uscirà non solo più povero, ma soprattutto più lacerato e di conseguenza più debole.
Non credo che questa sia l'Italia che lei immaginava quando ha assunto il suo incarico, come non è quella che sognavo io quando ho deciso di mettermi al servizio della mia comunità e del mio Paese ad altri insieme a migliaia di sindaco che, con orgoglio, quotidianamente, indossano la fascia tricolore".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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