Siamo la Repubblica della Faq

Nell'emergenza coronavirus, il premier ormai governa per "domande e risposte". I decreti, scritti male e poco chiari, necessitano sempre di precisazioni

Siamo la Repubblica della Faq

Fino a pochi giorni fa eravamo convinti che le Faq servissero ad aziende e siti internet per evitare di trovarsi sommersi di mail con le solite, identiche domande. E invece in questi due mesi abbiamo scoperto essere diventate un fondamentale strumento di governo. All’inferno i decreti, le leggi, le disposizioni, i regolamenti e tutte le altre diavolerie normative che secoli storia hanno stratificato nei Paesi democratici e non. Che bisogno c’è di far controfirmare da ministri e Presidente della Repubblica una legge chiara e precisa se tanto poi ci sono le Faq?

Ve ne sarete accorti anche voi, oppure lo stolto è chi scrive. Ma da quando è esplosa in Italia l’emergenza coronavirus Giuseppe Conte ha adottato una nuova strategia governativa. Funziona più o meno così, con le dovute semplificazioni di sintesi: il premier scrive un decreto (o un Dpcm) ficcandoci dentro qualcosa, ma non tutto; a quel punto si crea confusione, come normale che sia, e il governo ci mette una pezza con Faq e circolari del Viminale. Si può andare a fare la spesa in un Comune limitrofo? Si può passeggiare? Si può andare in Chiesa? Il bon ton costituzionale vorrebbe che simili importanti imposizioni venissero regolate da leggi di rango primario: parliamo della nostra libertà di circolazione, mica di come smacchiare il giaguaro. E invece senza neppure rendercene conto ci siamo ridotti a sottostare a una lunga serie di “domande e risposte”, che nella gerarchia delle norme valgono - dicono i saggi - come il due di coppe quando briscola è bastoni. Cioè nulla.

Di esempi ce ne sono a bizzeffe. Si va dal dilemma sulle differenze tra “attività motoria all’aperto” (permessa) e jogging (vietato), all'ora d'aria per i cani ma non per i bambini. Fino ad arrivare alla mistica definizione di “prossimità” alle abitazioni, su cui a breve verranno vergati interi trattati filosofici. Ogni volta che Conte firma un decreto, si crea un qualche problema interpretativo che rende necessario il ricorso a puntualizzazioni. L’ultimo (imbarazzante) capitolo ha per protagonisti gli “spostamenti per incontrare congiunti” che dal 4 maggio saranno finalmente permessi. Il premier l’ha annunciato in diretta tv, gettando i cittadini nel baratro del dubbio. Chi potremo salutare da vicino? Solo papà e mamma o anche la fidanzata? E i conviventi? Le coppie di fatto che faranno? E gli amanti? Per diverse ore l’esegesi del dpcm è stata affidata a Paola De Micheli, come se le interviste di un ministro potessero bastare a definire ciò che è lecito o non è lecito fare. Neppure Pyongyang riuscirebbe ad arrivare a tanto. Poi Conte ha preso in mano la situazione, promettendo di “precisarlo nelle Faq” come se avessero il valore di un editto. Ed è allora che abbiamo capito di essere un Paese più simile a una barzelletta che alla Corea del Nord.

È mai possibile che il governo (con centinaia di burocrati alle spalle) scriva un decreto e poche ore dopo sia costretto ad affidarsi alle

Faq per spiegare quel che intendeva dire? Passino pure i Dpcm, sorvoliamo se volete anche sulle conferenze stampa fiume di Conte. Ma governare per "domanda e risposta" mi pare troppo perfino per Paperopoli.

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