Con tutto il rispetto per il presidente bis: che delusione. Dal mondo, diviso e riottoso, del centrodestra ci si aspettava qualcosa di meglio. Hai voglia di dire che poteva andare molto peggio di così, che Mattarella è una garanzia e che il suo mandato non è paragonabile, per equità e serietà, a tutti quelli che lo hanno preceduto. Tutto vero, tutto giusto, tutto logico. Ma anche in politica ci sono le ragioni ben poco ragionevoli - ce ne rendiamo conto - del cuore. E, per una volta, la speranza era che quel Colle così alto da sembrare inespugnabile per chiunque non abbia avuto una tessera o buone amicizie nel Partito democratico, fosse un po' più a portata di «centrodestra». Scippando un motto abusato dalla sinistra femminista - talmente femminista da non riuscire a presentare un nome di donna per il Colle - ci si chiedeva «se non ora quando»? Il nome di Berlusconi aveva aperto un grande spiraglio nel muro di Berlino della guerra incivile dei trent'anni della sinistra contro i moderati. Sembrava che dopo le infinite e ahinoi indimenticate presidenze degli Scalfaro e dei Napolitano, il Quirinale potesse diventare veramente la casa di tutti gli italiani. Una sorta di pacificazione, un risarcimento per quella parte di Paese che per anni il 31 dicembre, tra un cotechino e una lenticchia, vedeva nel discorso a reti unificate l'appendice di una tribuna politica piuttosto che un appello alla Patria intera.
Mattarella aveva iniziato, per primo, questo cammino verso l'archiviazione della «divisione permanente», ma ora sarebbe stato opportuno che la politica e il Parlamento si assumessero la responsabilità di proseguire autonomamente, invece che appendersi alla giacca di un presidente che aveva già fatto gli scatoloni. Il problema non è lui, ma chi non può fare a meno di lui. Il suo bis richiesto con scalpitamenti e applausi dal pubblico pagato (da noi) di questo spettacolo di cabaret, allunga un incarico già sterminato: sette anni erano già tanti nel 1947, nel 2022 sono un'eternità. Così diventa un papato.
Invece chi ha cercato di cambiare si è trovato davanti una diga di veti e un plotone di franchi tiratori. Chi ha cercato di fare un nome - quello del Cavaliere prima di tutti - è stato etichettato come «irresponsabile», come se la presidenza della Repubblica fosse proprietà privata del centrosinistra. Quindi, certo, ben venga Mattarella. Meglio lui di qualche oscuro funzionario di partito, abbastanza sconosciuto da non avere nemici e abbastanza scolorito da non essere divisivo. I maligni diranno che ci troviamo di fronte alla sindrome dell'«usato sicuro», più realisticamente diciamo che è stato confermato un inquilino che nel corso degli anni ha sicuramente dato lustro al Quirinale senza arrecare danni al vicinato. E il parallelo tra il Parlamento e un'assemblea condominiale non vuole essere casuale. Non è il male minore, ma il «migliore» che crea meno mali, quello più a portata di mano, che permette ai partiti di nascondere, ancora per un po', il loro collasso interno e la loro crisi esterna, anche per alcune leadership di centrodestra. Se si è arrivati a questa soluzione è per la loro incapacità a decidere e a intraprendere un percorso di riforme.
D'altronde questo Parlamento, per come lo abbiamo visto nell'ultima settimana, difficilmente avrebbe potuto fare meglio. Ha prevalso quell'istinto di conservazione che non ha nulla a che fare con il sano conservatorismo, e ancor meno con il liberalismo, che anima buona parte dell'elettorato di centrodestra.
La prossima volta, sia tra un anno o tra sette, sarebbe opportuno far scegliere direttamente i normali italiani e non i grandi elettori. Siamo certi che sarebbero meno mediocri e non avrebbero paura di scegliere il migliore. Non è un'opzione impossibile: si chiama presidenzialismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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