Convivere con il Covid si può. Ad un mese esatto dal «freedom day» il Regno Unito sembra aver domato la pandemia. Questo perlomeno, è quello che ci raccontano i dati di agosto rispetto a quelli, molto più tragici, dello scorso gennaio, quando ebbe inizio nel Paese una massiccia campagna vaccinale. Il governo di Boris Johnson, che nulla aveva imparato nel 2020 dalle esperienze degli altri Paesi, prima fra tutti proprio l'Italia, colpiti dal virus alcuni mesi prima, il 2 gennaio di quest'anno si ritrovava con 57,725 nuovi casi e gli ospedali sovraccarichi. Fu però il primo a poter partire con le vaccinazioni dato che, essendo uscito dall'Unione Europea, il suo vaccino AstraZeneca non necessitava dell'autorizzazione europea per venir somministrato. Il 4 gennaio Brian Pinker, 82 anni, è la prima persona ad usufruire della prima dose. Il ministro della Salute Matt Hancock promette di arrivare a vaccinare un milione di persone ogni giorno e Boris Johnson annuncia, suo malgrado, il secondo lockdown nella storia del Paese. Una chiusura totale che durerà cinque mesi. Il periodo è durissimo, il prodotto interno lordo britannico cala a picco e il ministero del Tesoro si svena per sostenere le aziende e le famiglie rimaste senza lavoro e senza entrate, ma le vaccinazioni proseguono a spron battuto e iniziano a dare ben presto i loro frutti. Il 19 gennaio i casi sono calati a 33.355 ma i ricoveri sono ancora alti e toccano 3.634 mentre i decessi arrivano a 1.610. Da quel momento però, con l'esecutivo deciso a non cedere alle pressioni del mondo del lavoro che vorrebbe riaprire il prima possibile, la situazione continuerà a migliorare fino a quando i decessi si ridurranno a zero.
L'euforia durerà poco più di un mese, giusto il tempo di togliere qualche restrizione che il virus si ripresenterà più arzillo che mai nei panni della variante Delta, ancora più contagiosa. Ormai però il governo ha deciso che è tempo di convivere con il Covid e riapre tutto, nonostante il parere contrario di alcuni esperti e lo sgomento della comunità internazionale. Il 19 luglio, con 48mila nuovi casi e il nuovo ministro della Salute Javid contagiato, l'Inghilterra si avvia verso il ritorno alla normalità. Le cautele sono d'obbligo, il Premier Johnson invita al buon senso, gli scienziati temono che i casi possano raggiungere anche i 200mila al giorno. Invece nulla di tutto questo sta accadendo. Con quasi l'80% della popolazione vaccinata, il Paese sembra aver trovato la ricetta per tenere la pandemia sotto controllo.
I timori restano, ma le cifre sono ben diverse. Ieri, i nuovi casi erano 26.628, i decessi 170 e le persone ancora in terapia intensiva 773. Il livello dei casi di contagio stabile, le morti e i ricoveri in leggera crescita, ma comunque ad un livello non preoccupante, sembrano indicare che il fatto che quasi 41 milioni di persone siano ormai completamente vaccinate e altri 47 milioni abbiano ricevuto la prima dose di vaccino, abbia avuto un impatto decisamente significativo nella guerra contro il Covid. Niente naturalmente, è come prima. Il governo inglese deve affrontare ogni giorno problemi nuovi, lo dimostra la crisi delle migliaia di lavoratori costretti all'autoisolamento perché venuti in contatto con un soggetto contagiato, che nelle scorse settimane ha mandato in tilt interi comparti lavorativi.
Da ieri, una nuova norma ha liberato i cittadini non fragili anche dall'obbligo di quarantena, ma già è nata una nuova polemica sui tanti parlamentari che, nella seduta parlamentare per discutere dell'Afghanistan, hanno deciso di non indossare la mascherina ignorando la raccomandazione dello speaker. Il virus detta ancora legge nel settore dei viaggi dove le regole vengono continuamente aggiornate. Il vaccino però ha fatto la differenza e il virus fa meno danni e meno paura.
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