L'accoppiata Casalino-Arcuri, "anime nere" finite nel mirino

Ruoli e percorsi diversi, ma entrambi centrali. Lo spin doctor e il manager sono intoccabili

L'accoppiata Casalino-Arcuri, "anime nere" finite nel mirino

Sono le anime nere di Conte, i potenti collaboratori al lavoro all'ombra del premier, e a puntargli addosso i riflettori ci ha pensato Matteo Renzi. Che, voltando le spalle al governo, non ha mancato di rimarcare il ruolo tracimante dei due: il portavoce di Giuseppe Conte, Rocco Casalino, e il commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri. Entrambi in questo anno di pandemia hanno guadagnato potere e visibilità. Uno divenuto famoso grazie al Grande Fratello, per poi saltare in politica con l'ascesa del M5s e passare, dal 2018, a fare il portavoce di Giuseppi, l'altro cresciuto a pane e Iri come manager di Stato, fino a ricoprire l'incarico di Ad di Invitalia dal 2007 a oggi - confermato su quella poltrona da 8 diversi governi - ed essere infine scelto da Conte come protagonista dell'emergenza Covid. E non è solo il deus ex machina dell'Italia in pandemia, visto che a fine anno anche lo spinoso caso della crisi dell'ex Ilva di Taranto è stato affidato proprio a Invitalia, cioè a lui.

Le vite parallele di Rocco e Domenico corrono, insomma, su binari separati, fino a quando per entrambi arriva la sovraesposizione mediatica con «l'avvocato degli italiani» Conte che sale a Palazzo Chigi. L'ex concorrente del Gf guadagna potere, nonostante le frequenti gaffes, diventa una pedina inamovibile dell'esecutivo sia nell'edizione gialloverde che in quella giallorossa, vero spin doctor del premier. E il manager pubblico, sconosciuto ai più, acquista un ruolo centrale nei media e soprattutto nell'azione di contrasto del governo alla pandemia: dalla caccia ai ventilatori polmonari alle mascherine, da «Immuni» ai vaccini. Tutto passa o finisce nelle sue mani, con la totale fiducia del governo, fiducia che non viene intaccata nemmeno dalle critiche piovute dall'opposizione e, talvolta, dall'interno della maggioranza.

Già, perché le due «anime nere» di Giuseppi, come detto, finiscono nella traiettoria della crisi accesa dal leader di Iv, Matteo Renzi, insoddisfatto del ruolo del suo partito nel governo e da sempre non morbidissimo nelle posizioni su Casalino e Arcuri. Contro il primo, per la verità, c'è sempre stata poca simpatia, anche perché Casalino gioca, e bene, con gli stessi media e lo stesso lessico cari a Renzi. Così le stoccate verso il portavoce di Conte dal leader di Iv non sono mai mancate, come quando, a dicembre, commentando le intenzioni dell'esecutivo sulla gestione del Recovery fund, Renzi sibila: «Il futuro dell'Italia dei prossimi vent'anni non lo scrivono Conte e Casalino nottetempo in uno stanzino di Palazzo Chigi». E proprio la testa di Casalino sarebbe stata tra le richieste di Renzi per fermare le dimissioni delle sue ministre, ma anche lì Conte avrebbe preferito difendere il suo Rocco.

Pure su Arcuri, in particolare sulla concentrazione di troppe responsabilità in capo al commissario, Renzi ha spesso avuto da ridire. «Ma chi è, Superman?», ha ironizzato a inizio anno in un'intervista al Corriere.

Insomma, i superpoteri del supercommissario, che hanno di fatto depotenziato pure la componente renziana del governo, sono l'altra variabile che avrebbe fatto saltare il tappo della crisi. Dalla quale però le due anime nere di Conte, rafforzatesi nella pandemia, non sembrano uscire affatto ridimensionate.

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