L'affondo contro Giorgia assist a Le Pen

Ma la vera figuraccia chi l'ha fatta? Una Giorgia Meloni ? O un Presidente francese che innervosito dagli attacchi casalinghi della destra di Marine Le Pen accusa l'Italia di rompere i patti?

L'affondo contro Giorgia assist a Le Pen

Ma la vera figuraccia chi l'ha fatta? Una Giorgia Meloni che per mezza giornata s'è tenuta in cuor suo la disponibilità di Emmanuel Macron a far sbarcare i migranti della Ocean Viking? O un Presidente francese che innervosito dagli attacchi casalinghi della destra di Marine Le Pen accusa l'Italia di rompere i patti? E quali patti? Quello di mettere la sordina all'arrivo di una nave di 70 metri pronta a sbarcare 230 migranti sotto gli occhi di giornalisti e televisioni? Se non conoscessimo Macron definiremmo il suo comportamento semplicemente patetico. Ma il personaggio lo conosciamo. Assai bene. Fin da quando, nel 2017 appena eletto, non esita - pur di dimostrare attenzione agli interessi nazionali e alla «grandeur» navale di Parigi - ad infrangere gli accordi sulla vendita a Fincantieri dei «Chantiers de l'Atlantique» procedendo alla nazionalizzazione. Una mossa degna più di un sovrano da Terzo Mondo che di un presidente europeo rispettoso del libero mercato. Ma Macron è fatto è così. Non ricorda uno statista, ma un bimbo permaloso mosso da una «ibris» bizzosa ed incoerente. Stavolta a fargli andare il sangue al cervello è stata la tardiva consapevolezza che il cedimento agli argomenti di Giorgia Meloni gli sarebbe costato gli strali della Le Pen. A smascherarlo ci ha pensato Le Figarò con un editoriale dal titolo «Macron preso nella sua trappola».

«A forza di dire o fare una cosa e il suo contrario scrive il quotidiano francese - l'esecutivo è caduto nella sua stessa trappola. Come si può accusare di razzismo un deputato del Rassemblement National che si opponeva nell'emiciclo all'arrivo dell'Ocean Viking sulle nostre coste, quando una settimana dopo Emmanuel Macron e Gérald Darmanin cercano con ogni mezzo di respingere quella stessa nave?». Ma il confuso cerchiobottismo di Macron non si ferma qui. Rompere con l'Italia, mentre Parigi cerca alternative all'asse con Berlino e punta ad una riforma del Patto di stabilità europeo meno rigorosa di quella pretesa da Germania e paesi del Nord, rischia di rivelarsi assai più dannoso in termini economici dello sbarco di 230 migranti. Come peraltro la mancata condivisione di obbiettivi in una Libia dove, sia Parigi, sia Roma hanno interessi da difendere.

O, peggio, in un Sahel dove la «grandeur» coloniale francese vacilla sotto i colpi del terrore islamista o, vedi Mali e Cirenaica, dei mercenari russi della Wagner. E dove un'intesa comune tra Roma e Parigi per contrastare terrorismo e traffico di uomini gioverebbe alla sicurezza di entrambi.

Ma più dell'interesse potè, anche stavolta, la tracotanza.

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