La vera partita decisiva per il centrodestra si gioca sulla nomina dei membri del Csm. Soprattutto il vicepresidente, interlocutore privilegiato del Guardasigilli su toghe, carriere e riforme, dovrà parlare la stessa lingua del ministro della Giustizia, tema in cima all'agenda di governo. Lo si capisce soprattutto dall'appello che ieri il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia ha rivolto davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dell'organo di autogoverno della magistratura è il presidente: «Csm presidio dell'autonomia e della indipendenza della magistratura, siamo fiduciosi che il Parlamento saprà nominare una componente laica di alta statura». Toghe già in trincea, contrarie a ogni ipotesi (o quasi) di riforma della giustizia e separazione delle carriere, con la corrente Magistratura Indipendente in maggioranza al Csm. Se l'incidente sull'elezione di Ignazio La Russa è o meno figlio di una potenziale maggioranza «di scorta» sull'asse Dario Franceschini-Stefano Patuanelli (che assieme ad Azione-Italia Viva trescherebbero per sottrarre a Forza Italia una delle vicepresidenze delle due Camere, da dare a entrambi) si vedrà soprattutto durante l'elezione dei dieci consiglieri «politici» del Csm, organo di rilevanza costituzionale. Il Parlamento dovrebbe riunirsi in seduta comune dopo il 15 novembre, quando tutte le caselle di governo e sottogoverno ormai saranno complete.
Per la prima volta, come è avvenuto per i membri togati, chi vuole candidarsi al Csm deve formalizzare la sua candidatura. «È una delle novità introdotte dalla riforma», spiega al Giornale il responsabile Giustizia di Azione-Iv Enrico Costa. Secondo gli accordi dei sette alla maggioranza tre andrebbero a Fdi, due a Forza Italia e due alla Lega. I restanti tre dovrebbero essere spartiti tra le tre opposizioni, con l'incognita Matteo Renzi. Alla faccia del divieto di porte girevoli fra Parlamento e Palazzo dei Marescialli M5s lancia l'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, fuori dalle Camere per il vincolo al doppio mandato ma sempre nel cuore di Giuseppe Conte nei tre anni e mezzo trascorsi a via Arenula, tra i pochissimi a sopravvivere al cambio di maggioranza dalla Lega al Pd, dove ha molti sponsor. Il partito di Enrico Letta non vuole mollare la poltrona occupata dal dem Davide Ermini: per farlo avrebbe in serbo la Guardasigilli uscente Marta Cartabia, con il placet del Colle: una carta che potrebbe squilibrare i rapporti da 7-3 a 6-4 sebbene in potenziale incompatibilità (che vale anche per Bonafede) per i procedimenti che avrebbe aperto da ministro della Giustizia. Per eleggere i membri laici del Csm bastano 360 voti, il centrodestra parte da 352. Azione e Renzi ne porterebbero in dote una trentina. Consensi decisivi per far saltare il banco, anche se il Quirinale non vedrebbe di buon occhio eventuali magheggi. Ecco perché le carte restano ancora coperte.
Forza Italia punta sugli uscenti Fiammetta Modena, Mirella Cristina e Roberto Cassinelli ma se la carta vicepresidenza fosse contendibile, a giocarsi quel ruolo potrebbero essere Francesco Paolo Sisto, in corsa per essere confermato sottosegretario alla Giustizia e Pierantonio Zanettin, l'ex Csm che nella scorsa legislatura ha guidato la commissione d'inchiesta su David Rossi.
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