Da braccio destro di Silvio Berlusconi a stampella di un governo di centro sinistra (o pseudo tale): la breve parabola di Denis Verdini si consuma tutta nell'arco parlamentare del Senato, dove più volte la compagine verdiniana è stata determinante per la tenuta del governo. D'altronde Palazzo Madama è da sempre la cartina al tornasole di flussi di casacca. E proprio Renzi ha saputo profittarne meglio di chiunque, scendendo a patti con il conterraneo Denis ogni qual volta ce n'è stato bisogno. Un'accozzaglia, questa sì, a lui gradita. A Verdini, d'altro canto, delle riforme non è mai importato granché. Però, vuoi mettere provare l'ebbrezza di contare come l'ago del bilancino e proporre il suo pacchetto di voti alla sinistra. Quelli delle tessere tra i banchi dell'aula, s'intende, perché fuori di lì sapeva bene di contare ancor meno di Alfano. Di cui pure, ha seguito le sorti. Invero, ai tempi della fuoriuscita di Angelino fu proprio lui a rassicurare il Cavaliere con un: «tranquilli, che non lo segue nessuno». Salvo poco dopo, fare lo stesso. Verdini ha sbagliato i conti. Per ironia della sorte, quello che tra i corridoi di Palazzo Madama è ribattezzato da sempre il partito delle poltrone, rischia di non vederne più neanche una, di quelle poltrone. Nonostante il Senato resti esattamente dov'è. Sarà per questo che Ignazio Abrignani, portavoce nazionale di Ala, si è affrettato a far sapere che «Se verremo chiamati a dare il sostegno a un governo per fare cose utili per il paese, sicuramente ci potremmo stare». Peccato che Verdini, e la sua «ala» spezzata, adesso non servano più a nessuno. Non serve all'ex premier, che in verità, com'è nel suo stile, aveva già cominciato a scaricarlo dopo averne tarato il peso alle recenti amministrative, dove le uniche liste collegate a Verdini hanno preso poco più dell'uno per cento. E di sicuro, quell'ala, non serve ai suoi uomini. Quelli meno esposti, fuoriusciti un po' da ogni dove della galassia centrista, tenteranno la strada del ritorno del figliol prodigo, e il giro delle sette chiese è già cominciato. Stesso umore, fra i verdiniani della prim'ora, che speravano in un rimpasto e ora costretti a virare verso ben più modeste ambizioni.
Come Lucio Barani, capogruppo Ala al Senato, che fonti accreditavano ambire al ministero della Salute e invece, pare sia già andato a bussare alla porta di Caldoro, per tornare con il Psi. Ma anche, pare, a quelle del renziano Nencini, perché non si sa mai.
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