L'allarme di Gabrielli: "I dati non mentono Straniero un reato su 3"

Il capo della polizia: «Problema evidente, tra regolari e non sono il 12% della popolazione»

L'allarme di Gabrielli: "I dati non mentono Straniero un reato su 3"

Il capo della polizia Franco Gabrielli sceglie proprio il giorno giusto per lanciare i suoi anatemi contro gli stranieri. Nello stesso giorno in cui Trieste piange due agenti uccisi da immigrati, il prefetto informa la nazione che sono più gli stranieri che gli italiani a commettere reati. Guarda un po'. Cioè ciò che tutti i cittadini, e i poliziotti stessi, soffrono sulla loro pelle da anni, e che la Lega ripete da sempre.

Al Festival delle Città in corso a Roma, prima che fosse divulgata la notizia di Trieste, Gabrielli sciorina i dati sulla criminalità. Da questi emerge una buona e una cattiva notizia. La buona è che «da dieci anni il trend dei reati è in calo». La cattiva è che «negli ultimi anni si registra un aumento degli stranieri arrestati e denunciati». Affermazione che letta dopo la tragedia di ieri pomeriggio assume toni ancor più angoscianti. Dopo i proclami della mattina, la sera il prefetto, insieme al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, è dovuto correre a Trieste per piangere due suoi poliziotti.

Gabrielli snocciola le percentuali: «Nel 2016, su 893mila persone denunciate e arrestate, avevamo il 29,2% degli stranieri coinvolti; nel 2017 la percentuale è salita al 29,8%, nel 2018 al 32% e in questo 2019 che sta quasi finendo il trend è lo stesso, siamo quasi al 32%». In sostanza oggi in Italia un reato su tre è commesso da stranieri. «Tenendo conto che gli stranieri nel nostro Paese, sono il 12%, tra legali e non, questo dà la misura del problema», conclude il prefetto. Misura che però, a parte Gabrielli, conoscevano già tutti da anni.

La mattina il capo della polizia suggeriva la sua retorica ricetta: Per gli immigrati che decidono di rimanere in Italia è necessario costruire percorsi di integrazione altrimenti si creeranno condizioni favorevoli a illegalità, degrado, criminalità e terrorismo. E nel pomeriggio accadeva questo fatto gravissimo che ci auguriamo serva almeno ad aprire gli occhi ai politici miopi che credono che un'integrazione sia ancora possibile. Senza comprendere che gli stranieri, soprattutto quelli appartenenti a comunità coese e restie ad accettare le leggi italiane, sono assolutamente refrattari a processi di integrazione lunghi e farraginosi.

Al di là dei soliti vuoti appelli di Boldrini e compagni e a dispetto del nuovo «Piano Rimpatri Sicuri» annunciato ieri con ingenuo orgoglio da Di Maio, ovvero il decreto interministeriale frutto dell'accordo tra i ministri degli Esteri, della Giustizia e degli Interni, purtroppo la triste realtà è quella che ci ripropone ogni giorno scenari di sangue come quello di ieri.

Poi Gabrielli aggiunge la ciliegina sulla torta: «Non sono d'accordo sulle multe alle Ong, ma è una questione che attiene al mio foro interno. Liquidare in maniera negativa un impianto normativo per alcune norme non è corretto». E precisa: «Alcune cose sono positive: ad esempio, chi manifesta deve farlo pacificamente e non considerare le forze dell'ordine come dei punching ball».

Dichiarazioni che hanno infastidito, e non poco, la Lega. Il capogruppo del Carroccio al Senato, Massimiliano Romeo, apostrofa questa dichiarazione come «surreale» e profetizzando quello che poi sarebbe successo più tardi a Trieste aggiunge: «Pensi a difendere i suoi uomini piuttosto».

Ma per questo Gabrielli si è pure stizzito: «Ritengo che alcune questioni debbano essere affrontate in modo diverso ma io ho il grandissimo vantaggio di essere un funzionario dello Stato e di non dover dare patenti di correttezza a chi mi governa».

Eppure, poco tempo fa, le patenti le dava eccome quando criticava le divise indossate da Salvini: «Secondo voi un ministro ha bisogno di una t-shirt per riaffermare la sua funzione?». Evidentemente per Gabrielli, dipende sempre da chi governa.

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