Già ministro dell'Economia nazionale palestinese (la prima donna), Abeer Odeh è dall'ottobre del 2019 ambasciatrice palestinese in Italia. Ha ottenuto un Master in Business Administration alla Kellog School of Management della Northwestern di Chicago e rappresenta l'Autorità Nazionale Palestinese che, di fatto dal 2007, ha perso il controllo della striscia di Gaza. Controllo perso perché Hamas ha estromesso con la forza tutte le forze politiche «laiche».
Eppure, ieri mattina, intervistata a lungo da Sky ha fornito delle risposte che possono indurre più di una riflessione. Incalzata dalla conduttrice di Sky Tg24, Giovanna Pancheri, che le chiedeva ripetutamente di condannare l'azione di Hamas o quantomeno di prendere posizione sull'attacco terroristico ha eluso costantemente la domanda. Senza mai rispondere nulla relativamente ad Hamas, o alla strage di civili israeliani, si è limitata sempre e solo a elencare le presunte responsabilità di Gerusalemme: «L'obiettivo degli israeliani è chiaro, hanno detto no cibo e no acqua. Dovremmo concentrarci su cosa sta succedendo, si tratta di pulizia etnica e genocidio. Io credo che la comunità internazionale debba impegnarsi per evitare l'occupazione... I palestinesi sono vittime di un'occupazione da decenni. Gaza è una prigione a cielo aperto, non hanno cibo né acqua, come pensate possono reagire?». Peccato che cibo e acqua ci fossero prima dell'attacco di Hamas. Oppure: «Voi non parlate mai dell'altro lato, abbiamo più di 5mila prigionieri senza giusta causa. Stiamo parlando di persone sotto assedio, di moltissime vittime di assassinii e uccisioni». Non bastasse, non è mancata nemmeno la critica alla gestione politica italiana, non solo del governo in carica: «Dico grazie per gli aiuti umanitari, ma per quanto riguarda il supporto a Israele chiedo: lo sapete che il popolo palestinese è sotto occupazione? ».
Niente da dire sul Tg di Sky, dove sono state poste tutte le domande corrette (prima dell'ambasciatrice palestinese è stato intervistato da Tonia Cartolano quello israeliano). Si può però prendere atto, sine ira ac studio, che in Israele c'è un dibattito, ci sono assunzioni di responsabilità, critiche al governo di varia natura, riflessioni su come rendere l'intervento militare meno brutale. Non parliamo poi di quanto siano varie le posizioni in Italia, dove comunque l'attenzione ai civili di Gaza è indubbiamente bipartisan. Ma non basta mai, esiste solo «colpa». Sul versante palestinese, invece, la parola terrorismo, non viene mai menzionata.
Anche da persone che, per ruolo e curriculum, dovrebbero essere capaci di una posizione articolata. Forse è perché Hamas ha troppo sostegno popolare? O perché Hamas fa paura? Come strategia di politica estera però difficilmente può pagare. Oltre a essere moralmente insostenibile.
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