L'antifascismo è una battaglia sacrosanta, le leggi che ci conservano la democrazia contro i cosiddetti «rigurgiti» (che strana espressione) sono la cassaforte che ne proteggono l'universalità. L'antifascismo, però, deve appunto essere propagato e protetto in nome della democrazia, tutta. Invece non funziona così quando l'antifascismo diventa «militante».
In quest'ottica, il nemico è stato storicamente di destra. Dalla fine della Seconda guerra mondiale, la sinistra ha avuto buon gioco a lavare i suoi crimini e i suoi errori tingendo solo di «nero» le acque della violazione dei diritti umani. La battaglia antifascista e l'esaltazione dell'epopea partigiana si sono sviluppate lasciando che al sogno della libertà si sovrapponesse quello di una società socialista o comunista. L'antifascismo ha così perso la sua universalità, ed è stato un peccato.
Una parte della Resistenza, quella cattolica di Dossetti, Gorrieri, Tina Anselmi e dei preti fuggiti in montagna, è stata cancellata dalla figura del partigiano rosso. Inoltre, per la narrazione antifascista la vittoria russa sui tedeschi è stata mitizzata nonostante il comunismo mostrasse sin dal principio molte somiglianze con il totalitarismo di destra: ipernazionalismo, militarismo, glorificazione e uso della violenza, feticizzazione della giovinezza, della mascolinità, del culto del leader, della massa obbediente, gerarchica e militarizzata, e anche razzismo e odio antisemita.
Il doppio standard è da sempre una caratteristica dell'antifascismo militante. La Brigata Ebraica, che in un miracolo di eroismo, in piena Shoah, portò dei giovani «palestinesi» ebrei a combattere sul nostro suolo contro i nazifascisti, è stata sconfessata e vilipesa nelle manifestazioni Anpi perché Israele non è gradita a sinistra. Non erano antifascisti? E non era invece nazi-fascista il muftì Haj Amin Al Husseini che con Hitler progettava lo sterminio degli ebrei? Quanti sono stati tacciati di fascismo solo perché non di sinistra?
Il lavoro di bonifica dell'unità nazionale intorno alla Resistenza è stato valoroso, ma il termine antifascista deve prescindere dall'appartenenza politica, perché la genesi della Repubblica Italiana deve diventare finalmente patrimonio comune. Ma quanto è duro mandare giù questo rospo quando le radici culturali affondano nel terreno comune, acquisito, politicamente stratificato, del socialismo.
La cosa vale per l'Europa intera, ambigua e ammiccante: dici democrazia, ma alludi a un'utopia socialista, almeno sospirata.
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