L'Aquila, insulto alle vittime: "Dormivano, colpa loro"

Indennizzi giù del 30% per le famiglie di 24 persone. I giudici: "Non scapparono". Ma non c'erano allarmi

L'Aquila, insulto alle vittime: "Dormivano, colpa loro"

Non uscirono di casa, anche se c'era già stata una scossa. E dunque parte della colpa è anche loro. È una sentenza davvero sconcertante quella del tribunale civile dell'Aquila che fa ricadere sulle vittime e sui morti del terremoto del 6 aprile 2009 un pezzo della responsabilità del disastro avvenuto. La tesi del giudice Monica Croci, il cui verdetto è stato anticipato dal Messaggero, è semplice: i brontolii della terra, in particolare gli ultimi due a ridosso di quello fatale, avrebbero dovuto convincere gli abitanti ad abbandonare le case prima che tutto venisse giù alle 3.32 della notte.

«È fondata - scrive il magistrato - l'eccezione del concorso di colpa delle vittime costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile. Concorso che può stimarsi nel 30 per cento». Insomma, gli sfortunati inquilini della città abruzzese sono equiparati ai passeggeri di un'auto che non abbiano allacciato le cinture di sicurezza e abbiano subito poi un trauma da incidente. Qualcosa, anzi più di qualcosa stride. Dunque, i risarcimenti saranno più bassi.

Certo, la scossa mortale è arrivata dopo una successione di «avvertimenti», andata avanti per mesi. All'Aquila si parlava non a caso di sciame sismico e il dibattito sul da farsi in quelle settimane drammatiche e confuse era acceso. Ma gli scienziati della Commissione grandi rischi, alcuni fra i più grandi esperti italiani, avevano rassicurato la popolazione, invitandola a mantenere la calma e a non scappare di casa. I più sostenevano che quella serie di tremolii avrebbe avuto una progressione favorevole, senza provocare catastrofi. E invece finì con oltre trecento morti e una città annientata.

Per questo i sette componenti della Commissione sono stati a loro volta processati, in sede penale, e in primo grado condannati a sei anni di carcere. Ma nell'Italia dove anche la conoscenza della geologia e dei fenomeni naturali è materia criminale, l'appello ha capovolto i verdetti, con una raffica di sei assoluzioni e la conferma, per altre ragioni, di un'unica pena. Insomma, la materia è assai scivolosa e difficilmente può essere letta col metro dei codici.

Certo, se questo vale per un sismologo dovrebbe essere ancora più evidente per una persona della strada, per un cittadino qualunque che in quei giorni viveva fra ansia e speranza, preoccupato, a tratti angosciato, ma incerto sul comportamento da tenere, e confortato dalle autorità che a loro volta brancolavano nel buio di proiezioni sdrucciolevoli. «Lo sciame sismico? - aveva ironizzato l'allora vicecapo della Protezione civile Bernardo De Bernardinis - beviamoci su un bel bicchiere di Montepulciano». Una battuta infelice, visti i calici di lacrime delle ore successive, ma anche la controprova che davanti all'imprevedibile è davvero arduo addossare colpe.

I familiari di 24 vittime, sepolte nella Casa comunale, avevano portato in aula il ministero delle Infrastrutture e quello dell'Interno, la Prefettura, il Comune e il Genio Civile. Gli indennizzi ci saranno ma saranno ridotti del 30 per cento, anche se poi si dovrà attendere l'appello.

«È una sentenza che ci ha molto meravigliato, mi viene da dire che è vomitevole - spiega senza tanti giri di parole Maria Grazia Piccinini, avvocato ma anche madre di Ilaria che oggi non c'è più. - Mia figlia era stata rassicurata, come tutti: Più fa scosse, più scarica energia, tranquilli».

Ora si scopre che Ilaria ha concorso alla propria morte.

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