Alessandro Di Battista accelera e prova a far saltare il governo Conte prima di Natale. L'attacco arriva su due fronti. In Europa, dove quattro europarlamentari (tutti vicini al Dibba) annunciano l'addio al gruppo del M5S. E in Italia, dove la fronda anti-Mes esce allo scoperto e minaccia di togliere il sostegno all'esecutivo nel passaggio in Parlamento (il 9 dicembre) sulla riforma del fondo salva-Stati. È l'occasione che la coppia Di Battista-Casaleggio aspettava per regolare i conti con l'ala governista guidata da Luigi di Maio e Alfonso Bonafede. Stavolta pare che Di Battista e il suo manipolo di deputati e senatori vogliano andare fino in fondo. Mettendo sul tavolo l'opzione dell'apertura di una crisi di governo. Anche perché tra i fedelissimi di Casaleggio jr è forte il sospetto che le imbeccate sulla storia delle consulenze, ricevute dalla Philip Morris, siano partite dal gruppo legato al ministro degli Esteri. Si ribatte colpo su colpo. Fino allo scenario estremo: il ritorno al voto. Nel giro di 24 ore, arrivano due scosse che terremotano il Movimento. Da Bruxelles soffiano venti di scissione: i quattro europarlamentari, Eleonora Evi, Piernicola Pedicini, Rosa D'Amato e Ignazio Corrao, mollano i Cinque stelle. Sono tutti vicini alla corrente del Dibba: due in particolare, Corrao e Pedicini, sono fedelissimi dell'ex parlamentare. Di Battista dà però l'impressione di cadere dalle nuvole: «Questa vostra scelta mi dispiace e per me è un errore. Sei una persona per bene e sei un amico e per me l'amicizia così come la riconoscenza è un grande valore. È stato un onore aver fatto battaglie e migliaia di km insieme a te. Ad ogni modo è la tua vita. In bocca al lupo», commenta, rispondendo al post di Corrao. Ma basta rileggere le motivazioni che hanno spinto i quattro a mollare il gruppo pentastellato per fugare ogni dubbio sulla perfetta sintonia con il Dibba. Resta, dunque, il sospetto che dietro l'addio ci sia lo zampino del fratello gemello di Di Maio. Corrao affida ai social un addio al veleno: «La figura del capo politico del Movimento 5stelle che nel 2017 fu impersonata da Luigi Di Maio, il quale vinse la kermesse di Rimini senza alcuna competizione interna. Doveva avere solo un valore formale in quanto richiesta dalla legge, tuttavia si è trasformata presto in una sorta di figura monarchica investita di pieni poteri esecutivi e nessun contrappeso». Ma precisa: «Nessuna manovra per far cadere l'esecutivo». Un salto indietro di 24 ore. Ecco l'altro indizio che arriva dall'Italia. Una fronda di 42 deputati e 16 senatori invia una lettera a Crimi e al leader di fatto Di Maio per chiedere al governo di porre il veto sull'approvazione della riforma del Fondo salva Stati. Il 9 dicembre la discussione sul Mes approderà in Aula: il governo Conte, dopo il no di Forza Italia e lo strappo con la corrente grillina, non ha i numeri. È qui che si materializza la vera mossa del Dibba: sabotare l'esecutivo per far saltare gli equilibri nel Movimento. Affossando la linea politica del ministro degli Esteri. È l'ultima carta del Dibba. Tra i firmatari della lettera spuntano i nomi di Barbara Lezzi, Alvise Maniero, Giovanni Currò, Giulia Grillo: tutti uomini vicini a Di Battista. Mentre si sfila dalla battaglia sul fondo salva-Stati l'ex ministro Danilo Toninelli. L'affondo sul Mes è l'asso finale che la coppia Di Battista-Casaleggio gioca per restare in partita.
La fine anticipata della legislatura è un'opzione concreta. In alternativa si vuole costringere Di Maio, Conte e Grillo a mantenere in vita un governo con il voto dei responsabili: un suicidio perfetto per l'anima pura del Movimento.
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