Dopo 33 anni dalla chiusura ieri ha preso il via la fase I del decommissioning della centrale nucleare di Latina con l'inizio dello smantellamento vero e proprio dell'edificio del reattore. Rimuovere e mettere in sicurezza il combustibile radioattivo, smontare le condotte dell'impianto, demolire le turbine e, nel frattempo, ottenere la Valutazione d'impatto ambientale (Via) e il decreto di disattivazione da parte del ministero dello Sviluppo ha richiesto, nel complesso, oltre un trentennio. Un periodo nel quale Sogin, la società del ministero dell'Economia per la chiusura degli impianti termonucleari e la gestione delle scorie, non ha mai smesso di lavorare. Al contrario della burocrazia. I lavori scriveranno la parola «fine» su quello che nel 1963 era un «gioiello» tecnologico, l'impianto nucleare più potente d'Europa con i suoi 210 Megawattora di potenza installata, spazzato dal referendum del 1987 a metà del suo ciclo di vita utile (50 anni).
In particolare, ieri è stata iniziata la demolizione degli schermi in calcestruzzo armato dei sei generatori di vapore (boiler) dell'edificio reattore del peso di circa 200 tonnellate ciascuno. La tecnica adottata da Sogin per la rimozione è la demolizione controllata con taglio in quota, a circa 50 metri di altezza. In seguito è previsto il trasferimento dei blocchi in un'area attrezzata per separare il ferro dal calcestruzzo e recuperare il 93% del materiale.
La demolizione degli schermi costerà un milione, sui circa 280 milioni totali stimati del decommissioning di fase I che dovrebbe concludersi nel 2027, con la demolizione dei sei cilindri rossi e l'abbassamento dell'edificio reattore dagli attuali 53 metri ai 38 metri. «La fase II del decommissioning della centrale di Latina inizierà appena sarà disponibile il Deposito nazionale» delle scorie nucleari, ha dichiarato Agostino Rivieccio, responsabile Sogin per la disattivazione centrali. Il processo, infatti, consisterà nello smantellamento del reattore e nel trasferimento dei rifiuti radioattivi.
La Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee per il Deposito è pronta dal 2015, ma ben quattro ministri dello Sviluppo (Guidi, Calenda, Di Maio e Patuanelli) l'hanno tenuta nel cassetto, timorosi di perdere consenso.
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