San Paolo. Il Parlamento europeo ha approvato una storica risoluzione che condanna le condizioni di sfruttamento subite dai medici cubani inviati all'estero. La risoluzione, promossa dal Partito popolare europeo insieme ai liberali e ai gruppi di destra, ha ricevuto l'approvazione della maggioranza con 386 voti favorevoli, 236 contrari e 59 astenuti. L'Europarlamento ha giustificato la sua decisione dicendo che dal primo accordo bilaterale tra L'Avana e l'Unione europea di 4 anni fa, Cuba «non ha registrato progressi concreti» in materia di diritti umani, libertà fondamentali, condizioni economiche e sociali, diritti e libertà civili dei suoi cittadini. Anzi, recita il testo, Cuba ha «intensificato la repressione e le violazioni dei diritti umani» e viene accusata di aver «brutalmente represso e schiacciato» i recenti tentativi di resistenza e di manifestazioni pacifiche.
Il documento entra poi nel merito condannando «le violazioni sistematiche dei diritti umani e del lavoro commesse dallo Stato cubano contro il proprio personale sanitario inviato a prestare servizi all'estero». Queste missioni rientrano nella classificazione di «tratta di esseri umani e schiavitù moderna» per l'«orario prolungato di oltre 12 ore» e la «mancanza di un salario, che è trattenuto fino al loro ritorno a Cuba e di cui ricevono solo tra il 5% e il 25%» di quanto paga lo stato estero che riceve i medici, poiché il resto rimane nelle mani della dittatura.
Tutti in Italia ricordano ancora quando lo scorso anno un centinaio di sanitari cubani arrivarono a Torino e Crema, città quest'ultima la cui sindaca del Pd arrivò ad invocare per loro il Nobel per la Pace. Peccato che un buon numero di questi medici e infermieri 500 hanno testimoniato in un rapporto coraggioso redatto dall'ong Prisoners Defenders siano in realtà lavoratori schiavi, come sta venendo fuori in un processo negli Stati Uniti, dove molti si sono rifugiati per scappare dalle angherie di regime. Nella risoluzione gli eurodeputati del centrodestra hanno criticato anche l'arresto degli oppositori, aumentato esponenzialmente negli ultimi mesi, rammaricandosi che l'accordo di dialogo tra Cuba e l'Unione europea applicato in via provvisoria nel novembre 2017 (manca la ratifica della Lituania) non abbia generato «alcuni risultati positivi sostanziali e tangibili per il popolo cubano».
Il regime dell'Avana ha reagito con i suoi soliti metodi, ovvero rispondendo che chi ha votato la risoluzione è al servizio degli Stati Uniti, mentre l'ambasciatore Ue a Cuba, lo spagnolo Alberto Navarro, è stato costretto ad affiggere la risoluzione pubblicata nella sede diplomatica. Cosa che non fece quando Bruxelles condannò l'arresto del difensore dei diritti umani José Daniel Ferrer e fu duramente criticato al punto da rischiare il posto di lavoro. Ma adesso «c'è una lettera ufficiale che lo obbliga a farlo da aprile, che gli piaccia o no», spiega a Il Giornale, Javier Larrondo, presidente di Prisoners Defenders. La pagina dell'ambasciata Ue all'Avana «è ampiamente consultata dai funzionari cubani e ciò fa entrare la risoluzione nel deep state del regime e nessuno può accusare i funzionari di condividere un link dell'Ambasciata Ue, nostri amici.
Per questo - spiega Larrondo - dobbiamo twittare il link dell'ambasciata come se le nostre vite dipendessero da esso, perché è un piccolo coronavirus, ma stavolta di libertà e sarebbe un gran colpo se il maggior numero di funzionari possibile lo leggesse, generasse dibattito e finalmente capissero che l'immagine del loro paese non è quella di una democrazia, ma di un governo nazional-socialista, militare e pro schiavitù».
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